Cosa vuol dire che il drone americano è protetto da un buco nero

Cosa vuol dire che il drone americano è protetto da un buco nero

Cosa vuol dire che il drone americano è diventato un buco nero? Parliamo dell’MQ-9 Reaper che, grazie a una nuova capsula, elude i radar nemici.

Fonte immagine: Boevaya mashina su commons.wikimedia.com

Un drone dell’aeronautica militare statunitense è protetto un buco nero, ovviamente usando un paragone. Grazie a una capsula recentemente installata, infatti, il drone MQ-Reaper acquista proprietà che ricordano quelle di questo peculiare corpo celeste. È stato definito così proprio dai Vertici del Corpo dei Marines, che hanno annunciato questo nuovo equipaggiamento per la cosiddetta Electronic war.

Il drone MQ-9 Reaper è infatti quasi impossibile da percepire, elude i radar nemici grazie a una tecnologia che gli consente di rilevare e restituire di rimando le informazioni ricevute, proprio come se fosse invisibile. L’imitazione dei segnali ambientali circostanti fa sì che i radar non riescano a coglierne la presenza, nel mentre che l’attività dell’apparecchio prosegue e immagazzina informazioni.

Il drone americano viene “protetto da un buco nero”

Il nuovo sistema è stato testato per la prima volta nel 2021 e ha ad oggi raggiunto standard di qualità davvero elevatissimi. Una tecnologia elevata che in realtà nasce dall’esigenza di compensare le carenze del drone, spesso svantaggiato in caso di combattimento diretto. Proprio di recente diversi droni MQ-9 Reaper sono stati abbattuti nello Yemen dagli Houthi, che sfruttandone la lentezza di movimento sono riusciti a colpirli molto facilmente con dei missili terra-aria.

Grazie alla capsula, invece, questo drone riesce a resistere molto a lungo nello spazio aereo internazionale o amico, continuando a raccogliere informazioni senza essere rilevato. Proprio come un buco nero attrae qualsiasi massa gli si avvicini, la capsula statunitense permette al drone di imitare i segnali inviati dall’ambiente circostante, ma, ancora più importante, il drone nasconde la sua presenza e non è osservabile, proprio come il corpo celeste.

Il fatto che il drone non sia particolarmente eccellente nel combattimento diretto non deve però farne sottovalutare la potenza, ricordando che si parla di uno dei fiori all’occhiello dell’aeronautica statunitense. La storia dell’MQ-9 Reaper parte dai primi anni 2.000, quando fu progettato e poi prodotto dalla General Atomics. Quest’ultima fornì la maggior parte dei velivoli all’aeronautica militare statunitense, ma in tempi successivi anche altri paesi della Nato, tra cui anche l’Italia, li hanno ricevuti.

Il drone detiene anche un temibile primato, essendo il primo velivolo senza pilota (Unmanned aerial vehicle) progettato appositamente per individuare e distruggere gli obiettivi, in ciò che viene definito “hunter killer”.

Di droni “hunter killer” estremamente avanzati ve ne sono diversi, con apparecchi eccellenti anche nelle file di altre nazioni, tra cui la Russia, ma ciò che contraddistingue il drone MQ-9 Reaper è una precisione elevatissima. Pare, infatti, che sia in grado di leggere correttamente la targa di un’automobile da una distanza di oltre 3 km.

Questa peculiarità, insieme all’elevata autonomia - circa da 14 a 28 ore a pieno carico - ne fa uno strumento temibile, usato principalmente per il trasporto di bombe a guida laser e missili aria-terra, oltreché per la sorveglianza di spazi aerei compromessi.

Uno dei punti forti di questo mezzo è proprio la capacità di sorvegliare il terreno e ricercare degli obiettivi prefissati, grazie a un ponte satellitare decisamente vasto, capace di coprire una vasta porzione delle zone di interesse mondiale, e all’eccezionale rapidità del controllo. Per l’arrivo del segnale dal telecomando, infatti, non servono più di 1,2 secondi.

Come anticipato, anche l’Italia, in quanto Paese della Nato, ha a disposizione alcuni di questi velivoli. A utilizzarli è ovviamente l’Aeronautica militare italiana e in particolare il 32° Stormo, con sede nell’aeroporto di Foggia-Amendola. In totale i droni MQ-9 Reaper italiani dovrebbero essere 5, considerando che uno è stato abbattuto - in circostanze ancora da chiarire - nel 2019 al largo della Libia.

La capacità di nascondersi e rendersi quasi invisibile, che gli ha fatto guadagnare il paragone con un buco nero, ne fa uno strumento ancora più avanzato che conferma l’estrema capacità dei mezzi militari statunitensi. Il sistema di protezione fornito dalla capsula è particolarmente utile per la flotta USA in un momento storico in cui radar e geolocalizzazione sono la nuova frontiera della guerra elettronica.