Aurora Marinaro - 7 marzo 2025
Le Forze Armate e di Polizia chiedono un tavolo sulla previdenza dedicata


Previdenza dedicata, il personale delle Forze Armate e di Polizia alza la voce. "Serve l’apertura di un tavolo di confronto". Ecco le posizioni di SAP e ASPMI.
Forze Armate e di Polizia chiedono con forza l’istituzione di un tavolo dedicato alla previdenza per il comparto, un tema che da troppo tempo viene rinviato senza che alcuna soluzione venga individuata.
Ricordiamo che il personale in divisa gode di un regime previdenziale differenziato dal resto dei lavoratori pubblici e privati, con un accesso alla pensione anticipato rispetto alle regole della riforma Fornero. Un trattamento che però non rappresenta un’agevolazione, bensì un riconoscimento della specificità del ruolo. Tuttavia, il pensionamento anticipato comporta assegni più bassi, un problema aggravato dal passaggio al sistema contributivo che rischia di penalizzare ancora di più il personale delle Forze Armate e di Polizia.
Tant’è che il Governo Meloni ha inserito la previdenza dedicata tra gli impegni presi in vista del percorso di rinnovo del contratto per il triennio 2025-2027, ma per il momento ancora non si vedono passi avanti in questa direzione.
Previdenza dedicata, la richiesta del SAP
Proprio per questo motivo, negli ultimi giorni, il Sindacato Autonomo di Polizia (SAP) ha sollecitato il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo per l’apertura immediata di un tavolo di confronto. Il Segretario Generale del SAP, Stefano Paoloni, ha sottolineato l’urgenza di trovare soluzioni per colmare l’assenza di una previdenza complementare attiva e realmente funzionale. La questione, aperta da decenni, non ha ancora trovato una risposta adeguata, e i poliziotti rischiano di trovarsi con pensioni insufficienti rispetto agli anni di servizio prestati.
Previdenza dedicata, la richiesta di ASPMI
Anche l’Associazione Sindacale Professionisti Militari (ASPMI) ha ribadito la necessità di un intervento risolutivo.
I vari Governi hanno tentato di introdurre una pensione complementare per il personale delle Forze Armate e di Polizia, ma senza successo. Il fondo pensione complementare del comparto Sicurezza e Difesa è fermo da anni per mancanza di risorse, un progetto che non ha mai visto un reale sviluppo, dimostrando come la volontà politica di portare avanti questa soluzione sia pressoché inesistente.
Il problema è strutturale: aderire alla previdenza complementare significherebbe rinunciare al Trattamento di Fine Servizio (TFS) per passare al meno conveniente Trattamento di Fine Rapporto (TFR), un’ipotesi che ASPMI ritiene inaccettabile. Per questo motivo, l’Associazione sostiene che l’unica strada percorribile sia quella della previdenza dedicata, che riconosca la specificità del comparto senza costringere il personale a sacrificare il TFS.
Questa soluzione eviterebbe le criticità legate al sistema complementare, garantendo un calcolo pensionistico più equo e una liquidazione adeguata. Il TFS, rispetto al TFR, offre una tassazione più vantaggiosa, la possibilità del riscatto del quinto con recupero fiscale, un incremento del 15% in caso di pensione di vecchiaia o riforma dal servizio, oltre alla maturazione di un anno intero di liquidazione per ogni sei mesi e un giorno di servizio. Tutti elementi che dimostrano come il passaggio da TFS a TFR sarebbe un danno per il personale in divisa.
"Il fallimento della previdenza complementare dimostra che per le Forze Armate e di Polizia serve una soluzione diversa, che garantisca condizioni eque e sostenibili senza sacrificare i diritti maturati – ha dichiarato Francesco Gentile, Segretario Generale di ASPMI –. La previdenza dedicata è l’unica via percorribile per non penalizzare ulteriormente chi ha già dato tanto in termini di servizio e sacrifici. Il Governo deve aprire un confronto serio e strutturato, coinvolgendo chi rappresenta realmente il personale militare."
Va detto comunque che il Governo Meloni ha dimostrato attenzione alla tematica previdenziale, introducendo nella legge di Bilancio dello scorso anno un aumento dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, migliorando il calcolo dell’assegno pensionistico.
Questo, tuttavia, non basta. Serve la volontà di avviare un confronto con le Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari e i sindacati delle Forze di Polizia, al fine di costruire una previdenza dedicata che possa garantire condizioni eque e sostenibili mettendo al sicuro il futuro del personale in divisa.


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