Discriminazione di genere nella Polizia Penitenziaria, la storica sentenza della Corte Costituzionale

Discriminazione di genere nella Polizia Penitenziaria, la storica sentenza della Corte Costituzionale

Basta alla discriminazione di genere nella Polizia Penitenziaria: la storica sentenza della Corte Costituzionale.

Fonte immagine: Gian Marco Anzellotti su flickr.com

Mentre la discriminazione di genere è un tema sempre più attuale, penalizzando le donne anche - e soprattutto - nella dimensione professionale, arriva una notizia di speranza per le professioniste della Polizia Penitenziaria. La sentenza n. 181/2024 della Corte Costituzionale riconosce l’illegittimità costituzionale della distinzione a seconda del genere dei posti a concorso nella qualifica di Ispettore.

Non c’è nessuna ragione legata allo svolgimento del servizio per attuare differenze di genere nell’accesso al ruolo di Ispettore, ciò è quanto concluso dalla Corte il 30 ottobre, sposando la tesi da tempo sostenuta dall’avvocato Maria Immacolata Amoroso, la quale ha rappresentato la ricorrente al Consiglio di Stato e fornito un importante contributo nel giudizio costituzionale.

Basta discriminazione di genere nella Polizia Penitenziaria

Una vittoria per le donne appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria, un intervento concreto per eliminare la diseguaglianza, ma anche un vero e proprio monito contro la discriminazione che arriva forte e chiaro in un momento storico in cui la rassegnazione e la sfiducia rischiano di avere la meglio. La solidarietà e le parole di tolleranza non sono sufficienti, servono azioni tangibili per eliminare gli ostacoli che impediscono alle donne di realizzare le proprie aspirazioni professionali per via del loro genere.

Per questo motivo la sentenza della Corte Costituzionale è una vittoria storica, che va condivisa con sollievo per il cambiamento che porta. La discriminazione di genere non è certo un terreno nuovo per l’avvocato Amoroso, che vi si impegna quotidianamente per garantire pari diritti alle lavoratrici. Con questo successo la portata del suo intervento va ben oltre la parte rappresentata, cambiando finalmente disposizioni ingiuste e anacronistiche per tutto il personale della Polizia Penitenziaria.

Nel dettaglio, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità dell’articolo 44 del Decreto legislativo n. 95/2017, dal comma 7 al comma 11, e delle tabelle A e 37 allegate al Decreto legislativo n. 443/1992 “nella parte in cui distinguono secondo il genere, in dotazione organica, i posti da mettere a concorso nella qualifica di ispettore del Corpo di Polizia Penitenziaria”. Come anticipato, la Corte ha ritenuto queste disposizioni incostituzionali.

Oltre a essere contrastanti con la normativa europea e nazionale, mal collidono con l’articolo 3 della Costituzione, che definisce il seguente principio fondamentale:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È stato infatti osservato che la distinzione di genere non avesse alcuna motivazione giustificabile in merito alle esigenze di servizio e operatività. Inutile sottolineare che il personale femminile della Polizia Penitenziaria ha le medesime competenze e la medesima formazione della controparte maschile, ragione per cui dovrebbe essere ovvio il pari accesso ai concorsi. Non si parla, infatti, della distinzione applicata all’interno degli istituti penitenziari per gli agenti a contatto con i detenuti, ma di mansioni differentemente articolate che non richiedono l’appartenenza a un genere piuttosto che all’altro.

Non ci sono dunque motivazioni valide per mettere a concorso un minor numero di posti per le poliziotte, così discriminate nell’esercizio della propria professione, per la quale hanno sacrificato (e sacrificano) pari impegno e dedizione. Per avere qualche numero e meglio comprendere la portata della decisione della Corte citiamo il bando di concorso per vice ispettori del 2021 riservato a 378 uomini e 33 donne e un analogo concorso del 2020 (606 uomini e 85 donne), che hanno peraltro visto lo sdegno dei sindacati di categoria.

Facile notare come la sproporzione sia piuttosto accentuata e comprendere come tante professioniste siano state penalizzate negli anni. Ora, finalmente, qualcosa cambierà. Non c’è motivo di tale differenziazione a giudizio della Corte Costituzionale, non esistono esigenze di servizio che la giustificano e pertanto non è ammissibile. Condividiamo la soddisfazione dell’avvocato Maria Amoroso, cui si deve la spinta fondamentale a questo cambiamento:

Grazie per aver dato voce a questa importante sentenza, che non rappresenta soltanto una vittoria per le donne della Polizia Penitenziaria, ma anche un passo avanti fondamentale per il riconoscimento del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione e dalle normative europee. Per anni ho combattuto contro questa disparità, consapevole che ogni forma di discriminazione mina non solo i diritti delle persone coinvolte, ma anche la credibilità delle istituzioni che dovrebbero garantire equità e meritocrazia.

Questa sentenza non è la fine di un percorso, ma l’inizio di un cambiamento che auspico diventi un modello per eliminare ogni barriera di genere, ovunque essa si manifesti. Dedico questo risultato a tutte le donne che lottano ogni giorno per affermare il proprio valore, nella Polizia Penitenziaria e non solo.

Grazie per l’attenzione che avete dedicato a questa vicenda. Continueremo a lavorare affinché il merito e le competenze prevalgano sempre sulle disparità.

Riprendiamo le parole del’’avvocato per sottolineare la delicatezza delle questioni che riguardano i Corpi di Polizia, deputati alla garanzia della sicurezza e della giustizia. Il beneficio è quindi collettivo, auspicabilmente promotore di una trasformazione più ampia, nel rispetto del benessere del personale.

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