Paola Gentile - 9 gennaio 2023
Chi era il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa e per cosa è ricordato
Parte da stasera su Rai Uno la fiction sul Generale dalla Chiesa, simbolo della lotta al terrorismo e alla mafia.
Il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa è stata una delle figure simbolo nella lotta alla mafia, al banditismo e al contrasto al terrorismo delle Brigate Rosse.
Questa sera, e per quattro puntate, va in onda su Rai Uno, alle 21:25, la fiction “Il nostro Generale” con Sergio Castellitto nei panni dell’indimenticato Generale dei Carabinieri assassinato dalla mafia siciliana il 3 settembre 1982, a 120 giorni dall’incarico come prefetto a Palermo, inviato lì per sedare la famosa “guerra di mafia”.
In una città che tracciava quotidianamente il drammatico bilancio di un morto al giorno, dalla Chiesa era l’uomo giusto, proprio lui che aveva partecipato alla Resistenza e lottato contro le Br.
Nato a Saluzzo, in Piemonte, nel 1920, dalla Chiesa venne ucciso insieme alla seconda moglie, Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo.
La mafia toglie di mezzo il Generale ancor prima che potesse iniziare a lavorare. Un pericolo, una minaccia, per il mondo della criminalità, stritolato dentro al meccanismo del regolamento di conti e al dominio di Totò Riina e Co.
Chi era il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa e per cosa è ricordato.
Carlo Alberto dalla Chiesa e l’amore per l’Arma dei Carabinieri
Figlio di un Generale dei Carabinieri, Carlo Alberto dalla Chiesa ha un amore viscerale per l’Arma. Dopo la laurea in Giurisprudenza, entra a farne parte dopo un breve periodo nell’Esercito, durante la Seconda guerra mondiale.
L’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio, è al Comando della tenenza di San Benedetto del Tronto per poi passare al Comando provinciale di Ascoli Piceno.
Rifiutatosi di partecipare alla ricerca e agli arresti dei partigiani, fuggì prima di essere catturato dalle forze tedesche occupanti e si unisce alla Resistenza, ricoprendo l’incarico di responsabile delle trasmissioni radio clandestine di informazioni per gli americani.
Passato poi in quella porzione d’Italia liberata dagli alleati, fu incaricato di garantire la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri dell’Italia liberata a Roma e poi passò a Bari dove studiò scienze politiche e conobbe Dora Fabbo, che nel 1946 sarebbe diventata sua moglie e madre dei tre figli, la conduttrice televisiva Rita, Nando e Simona.
Carlo Alberto dalla Chiesa: l’incarico a Palermo e la lotta alla mafia
Il legame tra il Generale dalla Chiesa è la Sicilia è intenso. Trasferito dalla Campania alla Toscana, venne inviato a Palermo per sedare la lotta al banditismo contro gruppi come quello di Salvatore Giuliano. Indagò sulla scomparsa, a Corleone, del sindacalista socialista Placido Rizzotto, per cui venne accusato il boss della mafia Luciano Liggio.
In seguito, viene spostato a Como, Roma e Milano per tornare in Sicilia dal 1966 al 1973, anni in cui le sue esperienze si intrecciano con quelle di altre personalità dello Stato che sarebbero state uccise dalla mafia come Pio La Torre e Boris Giuliano.
Carlo Alberto dalla Chiesa: la lotta alle Brigate Rosse
Nel maggio del 1974 dà vita al Nucleo Speciale Antiterrorismo che riuscì a catturare a Pinerolo Renato Curcio, all’epoca capo indiscusso delle Br, e Alberto Franceschini. Determinante è stata la collaborazione di Silvano Girotto, detto frate mitra. In nucleo fu sciolto due anni dopo criticato per i metodi usati nell’infiltrazione degli agenti tra i brigatisti.
Il 1978 è un anno nero per la storia d’Italia e per le vicende umane di dalla Chiesa. Muore la moglie Dora e viene sequestrato ed ucciso Aldo Moro.
Così, il Generale riprende la sua lotta contro le Brigate Rosse. Il 9 agosto è nominato Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo, con poteri speciali per diretta determinazione governativa che portarono al blitz nel covo di via Montenevoso a Milano, dove furono ritrovate carte riguardanti Aldo Moro, tra le quali un presunto memoriale dello leader democristiano.
È del 1979 il rapporto con il pentito brigatista Patrizio Peci che, con le sue rivelazioni, contribuì alla sconfitta delle BR, come l’irruzione di via Fracchia, a Genova.
Nel 1981 dalla Chiesa viene nominato Vicecomandante generale dell’Arma, la massima carica raggiungibile per un ufficiale generale dei Carabinieri. Il 6 aprile del 1982 il Consiglio dei ministri lo nomina prefetto di Palermo e si insedia in città il 30 aprile, giorno dell’omicidio di Pio La Torre.
Il governo Spadolini sperava che l’uomo che aveva sconfitto le Brigate Rosse potesse fare lo stesso con la mafia. “La mafia è cauta, lenta, ti misura, ti ascolta, ti verifica alla lontana” diceva, non convinto che si potesse affrontare come era stato affrontato il terrorismo.
Nell’estate di quell’anno sposò in seconde nozze Emanuela Setti Carraro. I poteri speciali tanto promessi non arrivarono: “ Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì ”.
Carlo Alberto dalla Chiesa: il ritorno in Sicilia e la morte
Una volta insediatosi come prefetto di Palermo con gli stessi poteri di quello di Forlì, dalla Chiesa ebbe come la sensazione di essere lasciato solo dalle Istituzioni e come se la sua fosse una morte annunciata.
In un’intervista a Giorgio Bocca, disse che la mafia doveva essere combattuta strada per strada, rendendo evidente alla criminalità la massiccia presenza di Forze dell’Ordine.
Una telefonata anonima fatta la fine di agosto ai Carabinieri di Palermo lasciava presagire quanto sarebbe successo di lì a pochi giorni: “l’operazione Carlo Alberto è quasi conclusa, dico quasi conclusa”.
Infatti, alle 21:15 del 3 settembre 1982, ventiquattro giorni prima del suo sessantaduesimo compleanno, la A112 sulla quale viaggiava il prefetto, guidata dalla moglie, fu affiancata in via Carini a Palermo da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47, che li uccisero entrambi.
Morì 12 giorni dopo in ospedale l’agente di scorta Domenico Russo che seguiva con un’altra auto quella del generale.
Omicidio Carlo Alberto dalla Chiesa: le condanne
La morte del Generale dalla Chiesa sollevò lo sdegno unanime degli italiani che accusarono i politici e lo Stato di aver abbandonato il Generale, fatta eccezione per il Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
La figlia Rita chiese che fossero immediatamente tolte le corone di fiori inviate dalla Regione Siciliana.
Sul feretro del padre volle il tricolore, la sciabola, il berretto della sua divisa da Generale con le insegne e la sciarpa.
Per gli omicidi del Generale dalla Chiesa, della moglie e dell’agente di scorta vennero condannati all’ergastolo Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci: i vertici di Cosa Nostra.
Carlo Alberto dalla Chiesa: il nostro Generale
Sergio Castellitto veste i panni del Generale dalla Chiesa ucciso 40 anni fa la sera del 3 settembre 1982, in via Carini a Palermo (con la seconda moglie, Emanuela Setti Carraro), nella fiction di Rai Uno “Il nostro Generale”.
Il racconto si dipana attraverso un’epoca attraversata dagli scontri tra Stato e Br e si sofferma sulle vicende di dalla Chiesa a capo del Nucleo speciale antiterrorismo a Torino.
“Carlo Alberto Dalla Chiesa - dice Castellitto in conferenza stampa - non si studia sui libri a scuola, forse si accenna: la storia, la memoria va alimentata. Il processo di storicizzazione di uomini come il generale Carlo dalla Chiesa è impossibile. Noi non riusciamo ad archiviare questi fatti attraverso un’analisi fredda e distaccata perché il dolore è ancora vivo. Il generale era un uomo di pace, nonostante la guerra”.
Entusiasti della fiction Rita e Nando dalla Chiesa:
“Noi figli abbiamo avuto un papà presente. Mia mamma Dora è stata il fulcro della vita di mio padre, che a lei raccontava qualsiasi cosa, comprese le paure e le preoccupazioni. Sembrerà paradossale, ma papà ha avuto un rapporto di padre e figlio anche con il brigatista Patrizio Peci che vorrei incontrare e ringraziare: si è fidato di mio padre in un momento di grande tensione”.
Fondamentale alla realizzazione della serie è stato il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri che ha permesso di girare in luoghi reali.
I ragazzi del Nucleo antiterrorismo sono interpretati da Flavio Furno (capitano Gian Paolo Sechi), Andrea Di Maria (Trucido, che, dice Rita dalla Chiesa, “anche io conoscevo come Trucido, non ho mai saputo il suo vero nome”), Viola Sartoretto (Minnie), Romano Reggiani (funzionario), Alessio Praticò (Umberto Bonaventura), Stefano Rossi Giordani (Tedesco). Cecilia Bertozzi, Camilla Semino Favro e Luigi Imola vestono i panni dei tre figli Simona, Rita e Nando Dalla Chiesa, Claudia Marchiori quelli della seconda moglie Emanuela Setti Carraro, nei panni di Dora, Teresa Saponangelo.
Alla conferenza stampa presente anche il Generale dei Carabinieri Ubaldo Del Monaco: “Per noi carabinieri Carlo Alberto è un esempio che viviamo ogni giorno. Ha puntellato la propria esistenza con fatti straordinari e con delle intuizioni illuminanti, che ancora oggi sono attuali”.
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