Paola Gentile - 30 giugno 2022
Curdi: chi sono e cosa prevede l’accordo tra Nato e Turchia (e perché è una vergogna)
L’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia è stato sancito sulla pelle dei curdi, che ora rischiano di essere estradati in Turchia.
Svezia e Finlandia entreranno ufficialmente nella Nato. Questione veramente di poco, il tempo di sbrigare le ultime incombenze ed incassare il placet dei Parlamenti degli Stati membri, ma è cosa fatta.
L’unico ostacolo era rappresentato dalla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, ma dopo che il leader della mezzaluna ha rimosso il veto, non c’è più nessun impedimento.
Tutto bene, quindi? Manco per niente. In questo patto trilaterale tra Svezia, Finlandia e Turchia a rimetterci è solo una persona, anzi un popolo: quello curdo.
Da sempre osteggiato dalla politica autoritaria del capo di Ankara, oggi, con questa alleanza, che ha la stessa valenza di un cappio intorno al collo, i due Paesi Scandinavi si impegnano ad assicurare difesa militare alla Turchia e un appoggio incondizionato alle richieste che arriveranno da Erdogan.
Ma chi sono i curdi, cosa prevede l’accordo tra Nato e Turchia e perché è già considerato una vergogna?
Chi sono i curdi
Definito il popolo senza stato, i curdi rappresentano una minaccia per la Turchia, per via del cosiddetto Kurdistan turco. Erdogan teme, un giorno, la formazione di un nuovo stato che comprenda anche i territori turchi.
L’etnia è presente nella zona del Kurdistan che comprende gran parte della Turchia sud-orientale, Iran nord-occidentale, l’Iraq settentrionale e la Siria settentrionale. Altri nuclei vivono anche in Anatolia centrale e nel Khorasan.
Si stima che i curdi siano compresi tra 30 e i 45 milioni di individui e che quindi costituiscano il quarto gruppo etnico più grande del Medio Oriente, privo di unità nazionale. Sono stanziati prevalentemente nel Kurdistan, a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia. I curdi rappresentano il 18,3% della popolazione della Turchia.
Come mai lo Stato del Kurdistan non esiste
Con la fine della Prima guerra mondiale, si disgrega l’Impero Ottomano. Il Trattato di Sevres del 1920 stabiliva la creazione di uno Stato curdo, promessa disattesa. Con il Trattato di Losanna vennero fissati i confini della moderna Turchia e per i curdi non ci fu una Patria.
Rimasero così apolidi, etichettati alla stregua di una minoranza nei Paesi in cui sono stati costretti a vivere.
Perché Erdogan teme i curdi
I curdi turchi hanno combattuto l’Isis, di stanza a Raqqa, e sono riusciti a costituire negli anni un esperimento di democrazia confederale unico nel suo genere.
Sacrificando centinaia di migliaia di vite, i curdi hanno fermato e sconfitto il Califfato, e bloccato la via d’accesso all’Europa, attraverso la Turchia, di cui i terroristi si sono serviti per entrare nel continente indisturbati e che, in direzione opposta, ha permesso a migliaia di foreign fighters di unirsi alle fila dell’Is.
Nell’universo curdo rientra anche il PKK, Partito del Lavoratori del Kurdistan, ritenuto una organizzazione terroristica non solo in Turchia, ma anche dagli Stati Uniti e Unione Europea, oggi un partito più ideologico che di guerriglieri.
Sul fronte turco, Erdogan teme FETO, il movimento islamico con a capo Fethullah Gulen, ritenuto responsabile del tentato colpo di stato nel 2016 per rovesciare il governo di Ankara.
Da quel momento in poi, il leader turco ne ha approfittato per modificare a suo piacimento l’apparato istituzionale e accademico, estromettendo coloro i quali erano ritenuti effettivamente o in maniera presunta vicini a Gulen. Una mossa fatta da Erdogan per piazzare i suoi fedelissimi nei posti chiave. il tutto nel più completo silenzio da parte della Ue e della Nato.
Molti degli esiliati hanno trovato rifugio proprio nei due paesi baltici che ora stanno voltando loro le spalle, così come i perseguitati dall’Isis e i profughi della guerra in Siria.
Accordo Nato-Turchia: cosa prevede
Il memorandum trilaterale firmato dai tre ministri degli Affari Esteri di Svezia, Finlandia e Turchia, mette fine al veto della Turchia sull’ingresso dei due Paesi nella Nato e sancisce l’impegno di questi ultimi a:
- Abbandonare il sostegno, in ogni sua forma, del popolo curdo;
- Estradizione per chiunque viene ritenuto un terrorista;
- Fine dell’embargo sulle armi.
Peraltro, imposto proprio da Svezia e Finlandia nel 2019 alla Turchia, in risposta all’offensiva turca contro i curdi in Siria del Nord.
Un accordo di dieci punti che sa tanto di condanna a morte, con la Turchia che ha approfittato del timore che la guerra in Ucraina fagociti gli Stati scandinavi, con la Nato e l’Europa silenti , mentre Erdogan si prendeva tutto.
In più, Finlandia e Svezia si impegneranno ad appoggiare la Turchia nella sua battaglia contro il terrorismo “in tutte le forme che costituiscono minaccia diretta alla sicurezza nazionale”.
Nella lunga lista dei nemici della Turchia, in testa ci sono le YPG (Unità di Protezione Popolare), un gruppo femminile con il suo ramo politico PYD, il Partito dell’Unione Democratica.
Perché l’accordo trilaterale è una vergogna
Se un tempo Erdogan definiva Svezia e Finlandia “pensioni per curdi”, vista l’alta concentrazione di rifugiati curdi, in gran parte iraniani e iracheni, giunti 40anni fa, ora ne approfitterà per mettere in atto un repulisti.
Il ministro della Giustizia turco Bekir Bozdag ha già detto che saranno nuovamente inviate le richieste di estradizione per trentatré membri del partito curdo armato PKK e per altri affiliati alla rete FETO presenti nei due paesi, presentate nelle settimane scorse.
Nel Parlamento svedese siedono sei deputati curdi, una di questi, Amineh Kakabaveh ha dichiarato:
“Questo è un tradimento del governo svedese, dei Paesi della Nato e di Stoltenberg che ingannano un intero gruppo che ha liberato sé stesso e il mondo intero da Daesh. Soprattutto quando si tratta della lotta delle donne, che la Svezia afferma di sostenere”.
Kakabaveh vuole chiedere la sfiducia al governo di Magdalena Andersson. Un accordo che è una vergogna, che lede i diritti del popolo curdo.
A sostegno della tesi tale per cui Erdogan approfitterà dell’accordo trilaterale per sterminare i curdi, negli ultimi mesi ha iniziato una dura offensiva nei territori del Kurdistan iracheno dove vivono anche gli yazidi, già sterminati dall’Isis con un’azione militare terribile.
Anche qui con il tempo si è instaurata una forma di esperimento che imita il confederalismo democratico del Rojava.
Estradizione per 45 curdi
Per i curdi che vivono in Svezia e Finlandia è stata chiesta l’estradizione in Turchia, ed ora rischiano di finire nelle carceri turche, dove non riceveranno di certo trattamenti di favore.
Si tratta di 45 persone, ritenute dei terroristi dal governo di Ankara. Sono per la maggior parte di giornalisti, insegnanti, ricercatori.
Delle 12 persone attualmente in Finlandia, secondo Erdogan, sei appartengono al PKK e quattro al FETO. Sarebbero 33 invece i curdi residenti in Svezia che Ankara vuole estradare.
L’obiettivo di Erdogan
Di certo, il leader turco non si fermerà all’Iraq, piano piano punterà al Kurdistan siriano e ai territori del Rojava. Il suo obiettivo è quello di:
- Annullare qualsiasi minaccia e ripristinare la sicurezza lungo il confine con la Siria;
- Cancellare la fragile democrazia confederale che, annientata la minaccia dell’Isis è stata abbandonata prima dagli Stati Uniti (che li avevano supportati militarmente) e poi dall’Europa, è rimasta sola a dover gestire le migliaia di prigionieri dello Stato Islamico e i foreign fighters europei.
Erdogan non è nuovo alla politica dei due forni, se con una mano dà, con l’altra toglie. Ricordate tutti la mossa ricattatoria sui migranti nei confronti della Ue? Sei miliardi in cambio dell’accoglienza di sette milioni di profughi sul suolo turco.
“Con l’ingresso di Stoccolma ed Helsinki nell’Alleanza saremo tutti più sicuri” ha detto il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.
Neppure un cenno al popolo curdo. “La Nato è forte e unita” ha aggiunto Stoltenberg. Sì, ma a che prezzo?