Paola Gentile - 4 maggio 2022
Mascherina al lavoro, passo indietro: può tornare obbligatoria, ecco dove
Solo raccomandata per il settore pubblico, verso l’obbligo fino al 15 giugno per il privato.
L’utilizzo delle mascherine al chiuso verrà prorogato fino a metà giusto. È questa la linea che verrà assunta dalle parti sociali che si riuniranno proprio oggi al ministero del Lavoro per discutere, insieme anche con il ministero della Salute, dei protocolli di sicurezza attualmente in vigore nel settore privato.
Come ben sappiamo, dal 1° maggio sono decaduti molti obblighi per quanto riguarda l’uso dei dispositivi di protezione individuale (qui), sia all’aperto che al chiuso, tant’è che il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, ha diramato una circolare che ne “raccomanda” l’uso in varie situazioni di rischio, ma non lo impone, demandando quindi alla responsabilità di ciascuno la valutazione se indossare la mascherina al chiuso o meno a seconda della situazione.
Se nel pubblico è stato fatto un passo indietro, nel privato la faccenda è molto diversa. Le parti sociali vogliono proseguire l’obbligo della mascherina nei luoghi a contatto con il pubblico fino al 15 giugno, come è stato stabilito al momento della sottoscrizione dei protocolli.
Mascherina al lavoro: cosa succede nel settore pubblico
Tramite una circolare, il ministro della Pubblica Amministrazione Brunetta ha fatto un elenco delle situazioni in cui è “consigliabile” e non obbligatorio indossare la mascherina negli uffici pubblici.
I lavoratori pubblici saranno chiamati ad indossare la FFP2 qualora si trovino a contatto con gli utenti, per i quali non è prevista, ma vale la raccomandazione del ministro Speranza: “Proteggere naso e bocca in tutti i luoghi chiusi pubblici o comunque aperti al pubblico”.
La FFP2 è raccomandabile per:
- Chi lavora allo sportello che non hanno idonee barriere protettive, ovvero senza ripari di plexiglas;
- Chi lavora in una stanza con altri colleghi (anche se si è solo in due). Se vi sono ampi spazi da escludere affollamenti, allora si può anche non utilizzare;
- Chi condivide la stanza di lavoro con persone fragili, immunodepresse o colpite da altre malattie che potrebbero rendere il contagio più grave;
- Chi partecipa a riunioni di lavoro;
- Chi utilizza gli ascensori;
- Chi si trova nello stesso ambiente con più persone;
- Chi si reca alla mensa o al bar può toglierla solo per consumare; ma deve mantenerla quando è in fila;
- Chi va in ufficio con tosse o raffreddore.
La FFP2 non è necessaria tantomeno raccomandata nei casi in cui:
- Si fa attività all’aperto;
- Quando si è in una stanza singola in ufficio;
- Quando si è in ambienti ampi anche comuni (corridoi, scale).
Inoltre, la circolare del ministero prevede che “ciascuna amministrazione dovrà adottare le misure che ritiene più aderenti alle esigenze di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Mascherina al lavoro: cosa succede nel privato
Di tutt’altro avviso sono le parti sociali che operano nel settore privato, dove l’uso della mascherina non è raccomandato, ma obbligatorio fino al 15 giugno.
Le aziende scelgono la cautela prorogandone l’uso per:
- Uffici;
- Ristoranti;
- Negozi;
- Supermercati.
Sulla stessa linea, quindi, adottata dal governo per bus, treni, cinema e teatri, dove l’obbligo della mascherina è confermato.
“Chiederemo al Governo l’uso della mascherina per i lavoratori almeno fino al 15 giugno, in particolare per tutti quelli a contatto con il pubblico, come i supermercati e negozi con grande affluenza di persone” è la decisione di Confcommercio che, tramite la sua vicepresidente Donatella Prampolini fa sapere che:
“I protocolli dovranno essere semplificati ma non aboliti, vanno dismessi gradualmente. Riscontriamo ancora molti casi di positività tra i nostri collaboratori. Una volta cadute le prescrizioni sui «Dpi», oltre alla dismissione dei protocolli aziendali andranno aboliti anche i comitati aziendali istituiti per la pandemia”.
Dello stesso avviso anche Confesercenti e Confindustria. Ragionevolmente nell’incontro che si terrà oggi tra governo e parti sociali si manterrà quanto stabilito oltre un anno fa (6 aprile 2021) in materia di obbligo di dispositivi di protezione, non si esclude però che il provvedimento possa essere rimodulato in base alle condizioni dei luoghi di lavoro (spazi, possibili assembramenti e apertura al pubblico).
Attualmente, il protocollo anti-Covid negli ambienti di lavoro firmato dalle parti sociali prevede che “in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all’aperto, è comunque obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche o di dispositivi di protezione individuale di livello superiore”.
Nell’ultimo decreto Covid, la mascherina chirurgica è stata riconosciuta come un dispositivo di protezione individuale, tuttavia è a discrezione delle singole aziende se obbligare i dipendenti ad indossare la FFP2 o meno.
Mascherine al lavoro: le differenze tra pubblico e privato
La differenza che salta all’occhio immediatamente tra pubblico e privato è che nel primo caso le mascherine FFP2 sono consigliate o raccomandate per chi svolge un impiego a contatto con il pubblico; mentre, nel privato, in analoga situazione, le mascherine sono obbligatorie.
L’obbligo per il settore privato non ha la stessa forza di una legge, ma nasce comunque da un protocollo sottoscritto da tutte le parti sociali e se non lo si rispetta si va incontro a sanzioni disciplinari.
“Si tratta di una differenza di regole che deve essere sanata”, dicono dalla Cgil: “Non ha senso che a seconda del settore in cui si lavora le previsione sulla sicurezza siano diverse”.