Luca Restivo - 5 ottobre 2022
Polizia locale, l’insulto sui social non è vilipendio: cosa dice la Cassazione
Niente multa per chi insulta sui social la Polizia locale.
Insultare la Polizia locale sui social non è vilipendio. A stabilirlo, con una sentenza storica, è la Suprema Corte di Cassazione (n. 35328), che ha accolto il ricorso di un ragazzo, all’epoca dei fatti minorenne, colpevole di aver postato sul social network Instagram una foto che lo ritraeva con davanti un’auto della Polizia locale, accompagnata dalla dicitura “ fuck the police ”.
Nei paragrafi successivi spieghiamo meglio cosa è successo e perché non c’è vilipendio nell’offesa rivolta dal giovane alla Polizia locale.
Quando si parla di vilipendio
Il vilipendio è quando qualcuno offende pubblicamente la Repubblica Italiana (intesa anche nella figura del Presidente della Repubblica), le Assemblee legislative (Governo o la Corte costituzionale), l’ordine giudiziario, le Forze armate o quelle di liberazione e la bandiera.
Sono da ascriversi al vilipendio anche alcune esternazioni contro il sentimento religioso e la pietà dei defunti. Nel Codice penale italiano, alla voce vilipendio, vengono indicati i seguenti reati:
- Offesa all’onore o al prestigio del Presidente della repubblica (art. 278);
- Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate (art. 290);
- Vilipendio alla nazione italiana (art. 291);
- Vilipendio alla bandiera italiana (art. 292);
- Offesa alla bandiera o emblema di Stato estero (art. 299);
- Offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone (art. 403);
- Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose (art. 404);
- Vilipendio delle tombe (art. 408);
- Vilipendio di cadavere (art. 410).
Per coloro i quali si macchiano del reato di vilipendio è prevista una multa molto salata, che va dai 100 ai 6.000 euro.
I fatti
Il ricorso del ragazzo, all’epoca dei fatti minorenne, è stato accolto. Il giovane era stato accusato per aver pubblicato sul suo profilo Instagram una foto che lo ritraeva con dinnanzi l’automobile della Polizia locale e la scritta “ fuck the police ”.
Il giovane era stato giudicato in precedenza dalla Corte d’Appello di Milano, sezione minorenni, che aveva confermato la sentenza emessa dal GUP, all’esito del giudizio abbreviato, che aveva dichiarato il non doversi procedere per estinzione del reato a seguito della concessione del perdono giudiziale.
Dopo la decisione di secondo grado, il ragazzo ha presentato ricorso sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di non luogo a procedere per irriverenza del fatto, considerato che aveva ammesso fin da subito l’addebito, dichiarandosi anche dispiaciuto per la propria condotta, effettuando un risarcimento simbolico alle Forze dell’Ordine.
Inoltre, in fase di ricorso venne sostenuto che la frase incriminata era stata pubblicata sui social “in un contesto goliardico e inconsapevole ” riportata dopo la partecipazione ad un video musicale.
La sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione per emettere la sentenza che stabilisce che non c’è vilipendio, si è soffermata su un aspetto: “La Polizia locale di un Comune non possiede la qualifica di ‘forza armata’ anche se sono in dotazione degli agenti della polizia municipale armi da fuoco”.
In Italia, infatti, le Forze armate sono costituite dall’Esercito Italiano, dalla Marina Militare e dall’Aeronautica Militare. Mentre l’Arma dei Carabinieri ha assunto tale qualifica con il Dlgs n. 297 del 5 ottobre 2000. Gli altri corpi militari dello Stato e le Forze di Polizia civili, dunque, “non possiedono tale qualifica, che costituisce elemento normativo indispensabile richiesto dalla fattispecie di cui all’art. 290 cod. pen.”.
Quindi, essendo la Polizia locale priva della qualifica che costituisce l’elemento normativo essenziale richiesto dal Codice penale, secondo la Cassazione “un fatto commesso con riferimento alla Polizia locale, che non è nemmeno un reparto militare non può integrare, di conseguenza, il reato”.
La sentenza impugnata è stata così annullata senza rinvio, “perché il fatto di reato così come contestato non sussiste”.
Cosa rischia chi offende le Forze armate
Non trattandosi di Forze armate, non è prevista per la Polizia locale la tutela garantita dall’art. 290 del Codice penale che prevede l’offesa alla Repubblica, alle Istituzioni costituzionali e alle Forze armate e stabilisce che:
“Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze Armate dello Stato o quelle della liberazione”.
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