Giovanni Capuozzo - 28 ottobre 2021
Rivolta nel carcere di Porto Azzurro, 1987: la storia, i personaggi e cosa è successo davvero
Trentaquattro anni fa la rivolta, comandata da Mario Tuti, che ha tenuto la penisola con il fiato sospeso per diversi giorni
Quando arrivò la notizia che nel carcere di Porto Azzurro era iniziata una rivolta il tempo sembrò fermarsi. La notizia percorse in fretta tutta la penisola e subito gli organi politici più importanti si mossero per cercare di risolvere al più presto una situazione che da un momento all’altro poteva finire in rovina.
Ripercorriamo le tappe della vicenda e cerchiamo di capire cosa è successo e quali furono i personaggi coinvolti nella rivolta di Porto Azzurro.
Rivolta di Porto Azzurro: il racconto della vicenda
Sull’isola d’Elba era una mattina come tante altre. Era il 25 agosto del 1987 e molte persone erano al mare a godersi gli ultimi giorni di vacanza prima del rientro. Nel carcere di Porto Azzurro la prima parte di mattina era andata bene, niente di speciale da segnalare, fino a quando Mario Tuti, terrorista condannato a due ergastoli, al termine dell’ora d’aria chiese d’incontrare il direttore del carcere Cosimo Giordano.
Durante il loro incontro si dice che Tuti tirò fuori una pistola e minacciò il direttore prendendolo in ostaggio. In quel momento la tranquilla mattinata di fine agosto si trasformò in un vero dramma. Insieme al direttore Tuti prese in ostaggio anche il comandante delle guardie Stanislao Mollu e, successivamente, spalleggiato da altri cinque ergastolani che gli davano man forte, prese sotto la sua custodia quasi tutto il gruppo della portineria del carcere, e non solo, barricandosi all’interno dell’infermeria situata al quarto piano.
Dopo aver preso con sé gli ostaggi iniziarono le sevizie e le richieste da parte dei sei ergastolani. Le persone catturate - tra cui figuravano cinque civili, diciassette agenti di custodia e diversi detenuti - vennero legate con le mani dietro la testa e fatte stendere faccia a terra. Due di loro vennero torturati inizialmente e in seguito appesi alle sbarre delle finestre per evitare che nell’infermeria venissero gettati fumogeni. Altri quattro, dopo le torture, furono cosparsi di alcol per essere utilizzati come torce umane.
Le richieste che Tuti, riconosciuto ormai da tutti come capo dell’operazione di rivolta, avanzò agli agenti all’esterno del suo “bunker” riguardarono inizialmente un’auto blindata per poi finire con un elicottero e una motovedetta; tutto questo in cambio ovviamente della liberazione degli ostaggi.
Rivolta di Porto Azzurro: una conclusione inaspettata
In una situazione del genere chiunque si sarebbe aspettato un peggioramento esponenziale mano a mano che il tempo continuava a scorrere. Forse anche per questo motivo i cittadini, sostenuti fortemente dal sindaco che dopo la vicenda venne sospeso dal ministro dell’Interno, sembravano essere dalla parte dei riottosi. Chiesero infatti di assecondare le loro richieste in modo da poter dimenticare al più presto l’accaduto e tornare alla loro vita di tutti i giorni.
Proprio in un momento come questo, quando sembrava si fosse sull’orlo del precipizio e ci si aspettava potesse succedere di tutto all’interno del carcere, successe la cosa più inaspettata di tutte: gli altri reclusi si rifiutarono di prendere parte alla rivolta. Un anno prima infatti il carcere era stato trasformato in una palestra-laboratorio per il recupero dei detenuti. Questo era avvenuto grazie alla legge Gozzini del 1986 in cui veniva esplicitato che le pene non potevano più consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e che dovevano tendere alla rieducazione del condannato. Questo elemento fu fondamentale per evitare che la situazione sprofondasse del tutto.
La vicenda si concluse dopo sette giorni, quando i rivoltosi decisero di consegnare le armi al direttore stesso, ancora tenuto in ostaggio. Un gesto che venne considerato una sorta di riconoscimento nei confronti di Giordano per il suo buon lavoro da direttore.
Rivolta di Porto Azzurro: chi era Mario Tuti
Mario Tuti, capo dell’operazione riottosa, fondò il Fronte Nazionale Rivoluzionario e, dopo aver aderito alla lotta armata a metà anni settanta, venne arrestato nel luglio del 1975, quando ricevette una condanna a due ergastoli per tre omicidi.
Tuti arrivò a Porto Azzurro dopo una lunga serie di peripezie. Nel gennaio del 1975 uccise due dei tre agenti che stavano effettuando una perquisizione nella sua abitazione, ignari del fatto che fosse un terrorista.
Dopo essere scappato in Francia e aver tentato una rapina a Empoli, nel luglio di quell’anno venne catturato grazie a un’operazione congiunta tra polizia italiana e polizia francese. Il terrorista nero venne processato per il duplice omicidio degli agenti e rimediò un ergastolo. Successivamente subì un processo per strage che gli costò altri 20 anni. Durante la sua permanenza nel carcere di Novara, nel 1981, uccise Ermanno Buzzi e anche questo gli costò un ergastolo.
Tuti giunse nel carcere di Porto Azzurro solamente a giugno del 1987 e nel giro di due mesi organizzò la sua rivolta, al termine della quale venne condannato a ulteriori 14 anni di reclusione. Nel 2013 la sua pena venne commutata in regime di semilibertà.
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