Paola Gentile - 22 febbraio 2022
È iniziata la guerra? Cosa succede adesso
Il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatistiche di Donetsk e Lugansk apre ad un’ipotesi di conflitto russo-ucraino che non favorisce nessuno.
L’immagine che abbiamo visto ieri sera al telegiornale di Vladimir Putin che firmava l’atto di riconoscimento delle Repubbliche indipendentiste di Donetsk e Lugansk passerà alla storia.
Dopo avere parlato per un tempo infinito alla Nazione, e al mondo, rivendicando la “giustezza” delle sue azioni, sparando a zero sulla NATO e accusando l’Ucraina di lesa maestà, ha poi concluso il suo discorso con la ratifica di quello che si sapeva già: quelle repubbliche sono sempre state sue, sono sempre appartenute a Mosca e il fatto che abbia espressamente ribadito che l’Ucraina “è parte integrante della storia e della cultura russa” sta a significare solo una cosa: l’annessione, dal suo punto di vista, era un atto dovuto.
E non solo perché quei due territori, di fatto, non sono mai appartenuti a Kiev - la presenza della maggioranza russofona lo lascia ben intendere - ma soprattutto perché Mosca ha sempre spalleggiato la rivolta dei separatisti ucraini del Donbass, favorendo politiche di annessione affinché il distacco dall’Ucraina si concretizzasse.
Come accaduto per la Crimea nel 2014, anno in cui si scatenò la guerra nell’est Ucraina che portò a feroci conflitti, mai spentisi, proprio nella regione del Donbass, viene da chiedersi se questa sarà l’ultima mossa del capo del Cremlino o se il suo obiettivo di inglobare nuovamente l’Ucraina nella vecchia Madre Russia si trasformerà in realtà.
La mossa della Russia
Putin ha agito in maniera calcolata e allo stesso tempo repentina.
I tavoli diplomatici sempre aperti, la volontà al dialogo, ma non infinito, la fermezza delle sue proposte agli Stati Uniti, ed un’unica certezza: l’Ucraina non entrerà mai a far parte della NATO. Questa per Putin resta una conditio sine qua non.
Proprio nella giornata di ieri quando si pensava che gli sforzi diplomatici dei principali leader europei, tra cui il Presidente francese Emmanuel Macron e il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, avessero portato ad una soluzione; ecco che Putin sferra l’attacco definitivo: il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk e poi l’invio dei primi blindati russi a Donetsk, formalmente per ristabilire l’ordine, come annunciato dall’agenzia Interfax.
Blindati che già stazionavano al confine ucraino da diverse settimane, alcuni dei quali, nei giorni scorsi, erano rientrati a Mosca in virtù della fine delle esercitazioni, notizia prontamente smentita da Washington e dall’Europa.
Dal punto di vista formale, la mossa fatta da Putin non intacca la sovranità ucraina, poiché ha annesso alla Russia due territori che non sono mai stati di Kiev; dal punto di vista pratico, invece, il suo gesto è a tutti gli effetti una dichiarazione di guerra all’Ucraina, definendo i suoi governanti “marionette in mano agli americani”, e al mondo intero, USA in testa.
Inoltre, Putin riconoscendo l’indipendenza ha dato la cittadinanza russa a 750mila persone e la promessa che voteranno alle prossime elezioni governative.
Il risentimento di Putin nei confronti dell’Ucraina nasce proprio dalla rivendicazione di quest’ultima della propria libertà, sovranità e di voler scientemente cancellare un passato che l’ha vista legata al regime sovietico per molti anni.
Possibili scenari futuri
Tra i possibili scenari futuri sono contemplate alcune opzioni:
- La Russia si accontenta dell’annessione delle repubbliche indipendentiste di Donetsk e Lugansk;
- La Russia non si accontenta e decide di occupare il porto di Mariupol, estendendo la sua influenza a tutto il Donbass;
- La Russia decide di occupare anche il porto di Odessa, distruggendo l’economia Ucraina e, di fatto, condannandola alla fame;
- La Russia decide di attaccare Kiev e riprendersi ciò che considera suo.
Le reazioni dei leader mondiali
I leader mondiali sono ben consapevoli che il gesto di Putin non rimarrà un fatto isolato.
D’altra parte, per il momento, l’ipotesi che si scateni una terza guerra mondiale è rimandata, avverrà solo se Mosca attaccherà Kiev.
Il Presidente americano Joe Biden ha assicurato il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina, e l’ondata di sanzioni alla Russia è stata declassata ad un’ondina:
- Per il momento solo il blocco degli scambi commerciali con i territori filorussi;
- Stop alle forniture di materiale tecnologico alle imprese russe se Mosca invaderà il Donbass;
- Esclusione delle banche russe dal sistema di pagamento internazionale Swift se Mosca attaccherà il porto di Odessa;
- Sanzioni letali su gas e petrolio se Mosca attaccherà Kiev.
Insomma, si naviga a vista. L’Europa è spaventata e l’America non può non tenerne conto. Intanto la paura circa il blocco delle forniture di gas spaventa tutti, Italia in testa.
La posizione dell’Italia
Il premier italiano Mario Draghi lo ha detto senza mezzi termini. Se dovesse scoppiare una guerra chi è messo peggio siamo proprio noi.
L’Italia importa dalla Russia il 40% del metano che le serve per il suo fabbisogno, e se la Germania può contare sul filo diretto con Mosca per la fornitura, grazie al gasdotto Nord Stream 2 che, con ogni probabilità difficilmente verrà chiuso, il nostro Paese si trova in una posizione davvero scomoda.
Per l’Italia le sanzioni devono scattare solo in caso di guerra, invasione russa a Kiev, e cercare in tutti i modi di proseguire gli incontri diplomatici.
A questo proposito il nostro Presidente del Consiglio andrà a Mosca per tentare un’ultima carta.
Ma se dalla guerra l’Italia e l’Europa hanno tutto da perdere, è proprio la Russia a rischiare più di tutti, dal momento che il 90% della sua economia di basa sull’esportazione del gas.
I russi che oggi plaudono alle prove muscolare del loro leader potrebbero presto stancarsi quando il crollo dell’economia avrà la meglio sui propositi espansionistici dell’ex membro del KGB.
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