Aurora Marinaro - 28 maggio 2024
La confessione di Impagnatiello: "Ecco come ho ucciso Giulia Tramontano"
Alessandro Impagnatiello interrogato dal pubblico ministero confessa ancora l’omicidio di Giulia Tramontano, ma nega la premeditazione.
Alessandro Impagnatiello, reo confesso per l’omicidio della fidanzata incinta Giulia Tramontano, è stato interrogato per la prima volta in aula di tribunale, esattamente un anno dopo la morte della giovane. Anche in questo caso Impagnatiello, supportato dalle avvocate Giulia Gerardini e Samanta Barbaglia, ha deciso di mostrarsi pentito e collaborativo. Non che stupisca troppo, con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato che fa pesare sulla testa dell’ex barman la possibilità di condanna all’ergastolo.
Al di là delle intenzioni dietro la sua deposizione, che solo l’imputato stesso - forse - conosce davvero, anche perché seppur sia stato “un fiume in piena”, riprendendo le parole della difesa, non sono mancate le incongruenze rispetto alla ricostruzione degli inquirenti. L’imputato ha però risposto a tutte le domande del pubblico ministero, sotto lo sguardo di Loredana Femiano, la mamma della vittima, raccontando come ha ucciso Giulia ma proponendo spiegazioni creative e contraddittorie alle svariate ricerche su internet e alle altre azioni che lasciano pensare alla premeditazione.
La confessione di Impagnatiello, così ha ucciso Giulia Tramontano
Alessandro Impagnatiello non ha saputo, o voluto, motivare l’uccisione di Giulia e del bambino che portava in grembo e ha anzi sostenuto di voler proseguire la relazione con lei e crescere il figlio. Contraddizioni evidenti, che l’imputato ha addebitato a una sorta di sdoppiamento causato dalla conduzione di due vite differenti, con due relazioni parallele e un forte stress. In aula Impagnatiello ha negato anche l’esito della consulenza psichiatrica avvenuta in carcere, secondo la quale l’imputato dipingeva Giulia come “una donna cattiva, fonte di tutti i miei mali”, covando molta rabbia nei suoi confronti.
Una descrizione in cui non si riconosce, mentre riconosce che avrebbe dovuto essere una fonte di supporto e protezione per la fidanzata, sotto lo stupore della mamma Loredana. Si sarebbe perfino opposto all’aborto, cui Giulia avrebbe acconsentito sotto la pressione delle sue “contraddizioni” un po’ per un presunto desiderio di paternità, un po’ per non assumersi la responsabilità di questa scelta. Salvo poi, somministrare il veleno per topi con lo specifico intento di uccidere il feto, ma non Giulia che lo portava in grembo.
A suo dire ignaro delle conseguenze del topicida sulla donna, Impagnatiello sostiene di aver cominciato l’avvelenamento per eliminare ciò che considerava un possibile ostacolo per la carriera e la coppia, nonostante Giulia stessa vi avesse posto fine perché “non ci saremmo mai lasciati”. Nel frattempo, l’imputato intratteneva una relazione con un’altra donna a cui prometteva di passare la vita insieme, nonostante fosse una relazione esclusivamente carnale, secondo la sua ricostruzione.
Una confusione, come descritta da Impagnatiello, accresciuta secondo lui da un vortice di bugie e falsità che lo ha trascinato in una “lotta interna” su cui ha perso il controllo. Le dichiarazioni spesso cozzano con le prove dell’accusa, cominciando dagli esiti dell’autopsia e terminando con le ricerche fatte su internet su mezzi per l’uccisione e argomenti correlati che nega o spiega in modo poco convincente.
Anche nel raccontare l’assassinio della donna, Impagnatiello tende a deresponsabilizzarsi, forse inconsciamente, dichiarando di aver gettato benzina e altri liquidi infiammabili sul corpo di Giulia senza mirare a una zona in particolare perché “fuori di sé”. Così risponde alla contestazione dell’accusa, che si chiede se bruciare il corpo fosse un tentativo per nascondere le 37 coltellate che sono state inferte o facilitare l’occultamento.
Prosegue negando vari elementi su cui l’accusa fonda l’ipotesi della premeditazione, come l’aver coperto il divano per evitare macchie di sangue e il lavaggio del tappeto che si trovava nella stanza dell’omicidio. Secondo l’imputato, il tappeto l’avrebbe lavato la stessa Giulia in un momento precedente, quanto al resto della stanza sarebbe riuscito a eliminare ogni traccia di sangue con una spugna umida e dello sgrassatore.
Non manca però di confessare il secondo tentativo di bruciare il corpo di Giulia avvenuto nella vasca da bagno, nel tentativo di “nascondersi da un’insensata follia”, cominciata con l’attacco di spalle e culminata con una serie di azioni ordinarie (come prepararsi da mangiare e farsi una doccia) che appaiono di una freddezza senza paragoni, ma che l’imputato addebita al trauma. Un momento liberatorio, secondo la difesa di Impagnatiello, per dire “tutta la verità”, anche se la confessione è parsa vacillante su tanti punti.
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