Chiara Esposito - 10 giugno 2021
La Nigeria blocca Twitter: cosa dice questo sul potere dei social
Il governo della Nigeria grida alla minaccia dell’unità nazionale per la cancellazione di un tweet del presidente. Noncuranti delle critiche internazionali, i funzionari procedono al blocco dell’app con sanzioni per i trasgressori. Il potere politico esercitato dalle piattaforme social però fa riflettere.
Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari si è espresso in maniera offensiva circa la guerra civile combattuta a fine anni ‘60 contro la regione del Biafra e Twitter, dopo le polemiche degli utenti in merito, ha rimosso il messaggio.
Il gesto dell’azienda di Jack Dorsey viene però condannato dal governo che sospende a tempo indeterminato l’uso dell’applicazione per i suoi cittadini. Il Ministro dell’Informazione Lai Mohamed dichiara di voler così arginare:
“L’uso persistente della piattaforma per attività che sono capaci di minare l’esistenza corporativa della Nigeria”.
La richiesta del ministro della Giustizia Abubakar Malam alle autorità è invece quella di segnalare ogni trasgressione. Che peso ha perciò l’uso dei social network nella vita politica contemporanea e perché sono temuti così tanto?
La politica di Twitter
La piattaforma social è ben nota per il suo interventismo politico grazie al caso Trump.
La decisione aziendale dello scorso gennaio prevedeva addirittura l’eliminazione irreversibile del suo account a seguito dei fatti di Capitol Hill. La presa di posizione sul caso fu tanto eclatante da sollevare questioni capaci di spaccare l’opinione pubblica.
In molti però sostenevano l’idea che un utente, scegliendo liberamente di usare un canale controllato da un ente privata, non può aspettarsi un trattamento privilegiato rispetto al regolamento interno solo perché rappresentante di forze politiche nazionali.
Il grande potere dei social è un problema per alcuni politici
La scelta della Nigeria di vietare l’uso di Twitter secondo alcuni osservatori internazionali affonda le sue radici nella consapevolezza che i social siano oggi un’arma molto potente di espressione politica. Amnesty International nel 2020 sosteneva che le autorità nigeriane:
Hanno utilizzato leggi repressive per intimidire, arrestare e detenere difensori dei diritti umani, attivisti, operatori dei media e critici. Anche attori non statali hanno sottoposto i giornalisti a intimidazioni e percosse”.
La rilevanza che l’uso dei social ha nella società è infatti di recente stata testimoniata da eventi come le proteste in Myanmar dove la polizia controlla i post dei manifestanti per impedire loro di documentare la violenza dei golpisti o l’arresto di Roman Protasevič, founder del gruppo Telegram che organizzò le proteste con Lukashenko in Bielorussia.
In questi casi è evidente che sono proprio i mezzi di informazione e comunicazione i fautori di danni all’immagine statale.
Cosa risponde il mondo alla Nigeria
Come possiamo capire quindi i social sono strumenti che democratizzano l’informazione facendo da megafono sul mondo globalizzato che, come tale, offre una molteplicità di visioni possibili della realtà, non solo l’ortodossia politica locale. Non stupisce quindi la critica alla decisione nigeriana da parte di Regno Unito, Canada, Stati Uniti e Irlanda e Unione europea.
In una loro dichiarazione congiunta si legge:
“Vietare i mezzi di espressione non è la soluzione. La strada per una Nigeria più sicura passa attraverso una maggiore comunicazione, non minore”.
Tale azione diplomatica pur rimarcando un discostamento formale tuttavia potrebbe restare solo un bel messaggio pronunciato da leader di nazioni lontane dalla realtà quotidiana del paese africano. Per delle ulteriori risposte bisognerà attendere aggiornamenti governativi.