Emilia Morelli - 30 gennaio 2019
Carenza di personale e gestito male: poliziotto penitenziario messo a fare il giardiniere
All’interno della struttura carceraria di Santa Maria Capua Vetere un poliziotto penitenziario svolge mansioni di giardinaggio. Il Sippe e un’interrogazione parlamentare denunciano il caso.
Un nuovo caso evidenzia il malfunzionamento del sistema penitenziario italiano.
Secondo quanto emerso dalle segnalazioni del Sippe e dall’interrogazione parlamentare presentata dall’Onorevole di Fratelli d’Italia, Elena Bucalo, un poliziotto penitenziario all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere è addetto al “servizio di manutenzione giardinaggio/agricola”.
In particolare, secondo quanto documentato il poliziotto svolge personalmente mansioni di cura del giardino e le attività agricole anche conducendo mezzi pesanti all’interno della struttura carceraria.
Indipendentemente dal fatto che le attività di giardinaggio o di guida di trattori non sono in nessun caso assimilabili a quelle che per legge dovrebbe svolgere un poliziotto penitenziario, esse sono direttamente collegate alla funzione di rieducazione del condannato, essendo riservate ai detenuti cosiddetti “lavoranti”.
Com’è noto, infatti, nelle strutture carcerarie in cui la detenzione dovrebbe essere finalizzata al reinserimento del reo nella società si dà la possibilità ai detenuti di lavorare; il lavoro è infatti costituzionalmente inteso come mezzo per potersi garantire una vita dignitosa.
Ora, il caso del “poliziotto penitenziario-giardiniere” viola le leggi sotto entrambi i profili: da un lato l’agente svolge mansioni che esulano da quelle tipiche che dovrebbero essergli affidate, dall’altro così facendo si privano i detenuti di poter svolgere un’attività lavorativa che gli spetterebbe.
Il caso è esemplare
Il caso dell’agente penitenziario che svolge funzioni di giardinaggio lascia dedurre che non solo nel sistema penitenziario italiano ci siano poche risorse, ma soprattutto che quelle poche ci sono siano destinate in maniera impropria.
Le mansioni di giardinaggio non sono infatti in alcun modo ricomprese all’interno della Legge 395 del 1990 all’articolo 5 che esplicita in maniera cristallina quali siano i compiti propri degli agenti penitenziari.
La carenza del personale nelle carceri italiane è un dato numerico sotto gli occhi di tutti, non si può consentire che agenti che con fatica svolgono le proprie funzioni ogni giorno siano adibiti a mansioni improprie.
Essendo pochi i poliziotti penitenziari sono costretti a molte ore di lavoro straordinario, vivono la loro vita in un contesto per definizione ostile se a ciò si aggiunge la poca salubrità degli ambienti e il sovraffollamento delle carceri ecco che si ha una vaga idea di quale situazione disumana vivono i poliziotti penitenziari.
L’interrogazione parlamentare
L’interrogazione parlamentare presentata dall’Onorevole Bucalo è in realtà la punta dell’iceberg di una serie di segnalazioni presentate dal Sippe e indirizzate al Sottosegretario alla Giustizia Jacopo Morrone.
Le segnalazioni del Sippe sono state, evidentemente, non raccolte perché ad oggi l’agente penitenziario nel carcere di Santa Maria Capua Vetere svolge ancora le mansioni di giardinaggio.
In proposito, all’interno dell’interrogazione Parlamentare l’On Bucalo chiede esplicitamente al Ministro della Giustizia Bonafede quali iniziative abbia adottato, o ritenga di adottare, al fine di garantire negli istituti penitenziari italiani un’adeguata dotazione numerica di poliziotti penitenziari e una corretta gestione del personale stesso.
Si chiede poi, in che modo intenda intervenire per fronteggiare nell’immediato il problema legato alle aggressioni dei detenuti nei confronti del personale penitenziario e se ritenga necessario, vista l’escalation delle aggressioni, dotare il corpo di polizia penitenziaria del taser già in uso alle altre forze di polizia.
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