Paola Gentile - 2 febbraio 2022
Omicidio Agata Scuto: chi era, cosa è successo e chi è stato a ucciderla
Dopo 10 anni dalla scomparsa della ragazza di Acireale è stato arrestato l’ex patrigno, Rosario Palermo.
Importante svolta nell’omicidio della 22enne Agata Scuto di Acireale.
La ragazza disabile, scomparsa nel 2012, è stata uccisa e il suo corpo non è stato mai trovato. Tutto è partito da una segnalazione giunta alla redazione di Chi l’ha visto?, popolare trasmissione di RaiTre condotta da Federica Sciarelli non nuova a rivestire ruoli chiave in episodi di questo tipo.
L’allora ex patrigno di Agata, Rosario Palermo, 60 anni, è stato arrestato dai Carabinieri del Comando di Acireale per i reati di omicidio aggravato e occultamento di cadavere, in seguito ai gravi elementi emersi da recenti indagini che ne legittimano la custodia cautelare in carcere.
Omicidio Agata Scuto: chi era la giovane siciliana
Agata Scuto - una giovane ragazza disabile di 22 anni, affetta da epilessia e da una menomazione al braccio e alla gamba, con problemi psichici - è scomparsa nel nulla ad Acireale il 4 giugno 2012.
Il suo corpo non è stato mai trovato. Nel 2020 la segnalazione a “Chi l’ha visto?”. Una voce femminile aveva affermato che “La ragazza non è mai uscita da casa, si trova in cantina”. Da lì, sono partite indagini a tappeto con relative audizioni e perquisizioni dell’abitazione della ragazza e la scoperta che il corpo non si trovava a casa della madre. Tuttavia, è bastato riaprire l’inchiesta per seminare il panico nell’ex patrigno.
Omicidio Agata Scuto: cosa è successo
Stando alle dichiarazioni di Mariella, madre della Scuto, il giorno della scomparsa lei e l’altro figlio si erano recati dalla nonna, lasciando Agata da sola in casa. Al suo rientro della ragazza non c’era più traccia, così la donna ne denunciò la scomparsa; denuncia ritirata qualche tempo dopo.
Dietro questa decisione ci sarebbero state le rassicurazioni del compagno che sosteneva di aver visto Agata in compagnia di un fidanzato biondo, forse rumeno, prima in motorino e poi in macchina e di averci parlato. Un caso curioso visto che la 22enne non usciva mai di casa da sola e frequentava solo i familiari più stretti.
Un altro dettaglio importante lo fornisce sempre la madre ai microfoni della trasmissione condotta da Federica Sciarelli: Palermo è un uomo manesco. Più volte la donna era stata vittima di episodi di maltrattamenti: nel corso di un alterco lui le aveva addirittura puntato un coltello alla pancia. E la stessa Agata era stata vittima di una scarica di botte. Inoltre, la giovane aveva un diario dove annotava i giorni in cui le arrivava il ciclo, sia a lei che a sua madre.
In una circostanza le fece notare come le mestruazioni le fossero saltate da due mesi. Pensando che si trattasse di un problema fisico e certa che la figlia non avesse rapporti sessuali, Mariella lo aveva confidato a Palermo. Dopo pochi giorni, Agata sparì. Potrebbe essere stato questo il movente dell’omicidio.
Omicidio Agata Scuto: chi è stato a ucciderla
Quella di Agata Scuto è una storia che ha a che fare con una mentalità violenta, omertosa e connivente. Preoccupato dalle indagini dei Carabinieri e sentendosi alle strette, Palermo ha confessato il delitto parlando tra sé e sé nella sua macchina piena di cimici. Gli inquirenti, che avevano subodorato qualche elemento che non tornava, sommato a una serie di anomalie nel comportamento dell’uomo, hanno messo delle microspie nella sua utilitaria.
L’uomo aveva paura di essere arrestato e temeva che le forze dell’ordine scoprissero che la povera Agata fosse stata strangolata e bruciata in un casolare di campagna a Pachino, nel siracusano. Per gli investigatori le parole di Palermo equivalgono ad un’ammissione di colpa che lascia decadere le precedenti dichiarazioni rilasciate ai magistrati durante gli interrogatori, in cui ricostruiva i suoi spostamenti di quel tremendo 4 giugno, affermando di essersi recato a raccogliere lumache nella piana di Catania e poi origano sull’Etna e di essersi ferito a una gamba.
Per rafforzare le sue menzogne avrebbe “cercato di inquinare le prove” mettendosi d’accordo con alcuni conoscenti affinché confermassero il suo alibi e “avrebbe cercato di nascondere in una località sull’Etna un tondino di ferro intriso del suo sangue, tondino che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza”, come ha spiegato il Giudice per le indagini preliminari di Catania, Maria Ivana Cardillo.
Alla luce dei dati raccolti, la confessione in auto e le confidenze fatte ad un amico al telefono - “Bastiano, mi arrestano. Si sono portati tutti i telefoni”. E ancora: “Io con questa ragazza ci scherzavo, ci facevo... lei mi diceva: ’Ma tu lo vuoi fare un giro con me?’... Se rintracciano queste parole sono rovinato” - il Gip ha disposto l’arresto di Palermo.
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