Giorgia Bonamoneta - 24 agosto 2022
Perché non è etico né legale condividere il video di uno stupro (anche se oscurato)
La ricondivisione di un video, anche se oscurato, di uno stupro è reato. Ecco perché non è etico, né legale, diffondere un contenuto sessuale non consensuale.
Da un punto di vista legale ricondividere un materiale non consensuale, cioè di una violenza, è illegale. Esiste anche l’aggravante di una condivisione attraverso un profilo social da milioni di seguaci, poiché l’eco del video sarà ingigantito ed è possibile che diventi virale. In quel caso entrano in gioco le conseguenze per la vittima presente nel video o per le persone coinvolte, anche in maniera consensuale. Anche se oscurato infatti potrebbe essere facile riconoscere dal luogo, dalla voce o da altri dettagli le persone coinvolte e generare disagio dovuto a discriminazioni, bullismo, episodi di violenza secondaria e un generale malessere. Nel caso di uno stupro, quindi di una violenza non consensuale, va aggiunta la componente psicologica.
Di fatto né da un punto di vista legale né da un punto di vista etico si dovrebbe mai ricondividere, anche con lo scopo di fare informazione, materiale intimo non consensuale, poiché mette in pericolo e in difficoltà prima di tutto la persona che magari si vuole andare a difendere mostrando l’aggressore o la violenza avvenuta.
Perché non è legale condividere il video di uno stupro?
La pubblicazione di un video intimo non consensuale, come uno stupro, è un reato. E lo è nel caso di “diritto alla riservatezza”. La foto o il video che dimostrano una violenza sono comunque normate dal codice della privacy che regola la produzione dei dati. Per questo filmare o fotografare una persona richiedere comunque il suo consenso.
Nel caso di un video oscurato, l’ipotesi di reato potrebbe apparire non conforme, ma anche solo la possibilità di riconoscere la voce rende la condivisione del video illegale. La condivisione di immagini sessualmente esplicite e di video intimi non consensuali come quello di uno stupro prevedono una multa dai 5000 ai 15.000€ e la reclusione da 1 a 6 anni. La pena non vale soltanto per chi ha per primo pubblicato il video, ma anche per tutti coloro che lo hanno condiviso, cioè diffuso.
Un ulteriore aggravante è infatti il reato di Revenge porn o per meglio dire il “reato di condivisione di materiale intimo non consensuale”.
Perché non è etico condividere il video di uno stupro?
L’aspetto più controverso è: perché ripubblicare un video di uno stupro? La risposta è piuttosto semplice: non diffondere il video per non alimentare il trauma. Nel caso di una violenza di genere la vittima può risentire a livello psicologico oltre che fisico l’abuso. Il perpetrarsi della condivisione e diffusione mette in difficoltà la persona all’interno del video e non aiuta a tracciare il percorso di cura, nel caso ritenesse opportuno affrontarlo.
Si parla spesso di violenza subita, ma non è solo quella del corpo. Quando un video intimo non consensuale diventa virale la violenza subita assume altre forme. La viralità è un meccanismo potente per gli influencer, ma devastante per una persona vittima di un abuso. Il rischio è il riconoscimento all’interno del video, anche se oscurato, che mette in difficoltà il campo familiare e personale, oltre quello lavorativo e pubblico.
Rientrare nella società dopo un abuso diventa ancora più difficile se di quell’abuso tutti sanno, tutti hanno visto e alcuni hanno anche commentato in maniera sgradevole. Perché la viralità porta a questo: permette a chiunque di visionare e commentare un abuso anche in maniera violenta. Ciò che accade in video de-umanizza la persona al suo interno, che spesso viene additata come “colei o colui che se la sono andata a cercare”, ampliando il senso di colpa oltre che l’impotenza e il sentimento di ingiustizia subita.
Per questo se qualcuno nella propria cerchia di amicizie o lavorativa invia un contenuto che apparentemente o in maniera inequivocabile è un video non consensuale di una violenza o intimo che ritrae due persone che non fanno per lavoro film hard, è bene contattare le autorità e interrompere la catena di condivisione e diffusione. Non soltanto per la vittima, cioè per motivi etici, ma anche per se stessi, perché conservare o divulgare ulteriormente quel video è reato.
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