Paola Gentile - 28 febbraio 2022
Quali Paesi rischiano un attacco della Russia?
Il Presidente americano Joe Biden è sicuro che Vladimir Putin non si accontenterà dell’invasione in Ucraina. Ecco tutti gli Stati che rischiano di essere attaccati da Mosca.
La mossa di attaccare l’Ucraina per ristabilire l’ordine e difendere la popolazione del Donbass è suonata ai più come una scusa da parte di Vladimir Putin per far saggiare al mondo qual è il peso delle sue azioni e in cosa consiste la forza bellica sovietica.
I bombardamenti che si susseguono da giorni su Kiev, i messaggi via Instagram e Twitter del Presidente Ucraino Zelensky, che chiede alla NATO di aiutare il popolo ucraino, hanno spinto diversi Stati che si trovano vicini alla Russia a chiedere a gran voce un’accelerazione dei negoziati per entrare a far parte del Patto Atlantico.
Le minacce del leader russo non fanno stare tranquilli quei Paesi, dalla Finlandia alla Svezia, passando per la Moldavia e il blocco Baltico, che temono di fare la fine dell’Ucraina.
Il pericolo russo non intimidisce solo quei territori cosiddetti “confinanti”, ma anche le Nazioni europee e, a questo proposito, la Germania ha annunciato lo stanziamento di 100 miliardi per rinforzare la difesa.
Con la minaccia di una terza guerra mondiale e l’allerta dell’arsenale nucleare in possesso della Russia, nessuno può dirsi davvero al sicuro.
Quali Paesi rischiano un’invasione russa
I Paesi che più di tutti rischiano un’invasione sono Finlandia e Svezia.
I due Stati scandinavi appartengono all’Unione europea ma non alla NATO, e proprio in questi giorni hanno chiesto di velocizzare le procedure per l’ingresso nel Patto Atlantico.
“Se Finlandia e Svezia si candidassero a entrare nella Nato, ci sarebbe una risposta da parte nostra”, è stato il commento lapidario del Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Un loro ingresso danneggerebbe la sicurezza di un membro dell’OSCE (Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza Europea) di cui fa parte anche la Russia.
Qualora la Moldavia decidesse di avviare politiche filoccidentali, rischierebbe di fare la fine dell’Ucraina.
Già nel 1991 perse l’autoproclamata repubblica di Transnistria (significa oltre il fiume Dnestr), avente una popolazione di circa mezzo milione di abitanti di etnia e lingua russa. Non riconosciuta dall’ONU, la Transnistria chiese ed ottenne nel 2014 l’annessione alla Russia.
I Paesi che già gravitano nell’orbita del Cremlino
Tra i Paesi che già gravitano nell’orbita del Cremlino figurano:
- Kazakistan;
- Uzbekistan;
- Kirghizistan;
- Turkmenistan;
- Tagikistan.
Questi Paesi sono governati da regimi autocratici che hanno impedito le libertà democratiche al proprio popolo e represso le rivolte civili con l’intervento dell’esercito, offerto proprio dalla Russia.
Paesi sui quali può spingersi l’egemonia russa
Sicuramente due Paesi che rischiano di vedersi imposta l’influenza russa sono: Armenia e Azerbaigian, nel Caucaso.
Il conflitto interno, che si trascina dai tempi del contenzioso sulla regione del Nagorno-Karabakh, situata in Azerbaigian e abitata principalmente da armeni, si è concluso con una tregua mediata da Mosca.
I fronti sono divisi: la Russa appoggia l’Armenia e la Turchia l’Azerbaigian, non avendo mai riconosciuto il genocidio armeno ad opera dell’allora Impero Ottomano.
Quali stati sono al sicuro
Fermo restando che nessuno può dirsi sicuro che non venga attaccato da un momento all’altro dai carrarmati russi, ci sono alcuni stati “confinanti” con la Russia che possono dirsi relativamente tranquilli.
Si tratta delle repubbliche baltiche di: Lettonia, Estonia e Lituania. La loro presenza nell’Unione europea e nella NATO dal 2004 le tiene al sicuro.
Appartenenti all’URSS dal 1945 al 1991, e non figurando tra quegli Stati che vi aderirono ai tempi della Rivoluzione bolscevica nel 1917, i tre Paesi baltici hanno, però, al loro interno una minoranza russa che in passato ha agitato parecchio gli animi e che potrebbe richiedere l’intervento di Mosca per tutelare la propria appartenenza alla comunità russofona.
Perciò la Nato ha inviato truppe per rafforzare la sorveglianza sul confine. Stesso discorso vale per la Polonia e la Romania: attaccare questi Stati significherebbe una dichiarazione di guerra di Mosca alla NATO.
Tra i Paesi che possono dirsi tranquilli, vi è anche la Bielorussia.
Alleata strategica di Putin, insieme alla Cina, la Bielorussia gravita nell’orbita russa già da tempo, da quando Lukashenko per restare a Minsk ha chiesto l’aiuto di Putin per sedare la rivolta popolare scoppiata in seguito alle elezioni truffa del 2020.
Inoltre, i due leader hanno assistito insieme alle esercitazioni dei missili nucleari.
Quando iniziò la politica espansionistica di Putin
Nel momento in cui si è insediato al Cremlino, correva l’anno 2012, Putin ha messo in atto il suo progetto politico che prevede un rafforzamento della presenza russa in Europa.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare il suo non è un desiderio nostalgico di riesumare dalla polvere l’Unione Sovietica, ma è quello di creare un’alternativa alla NATO in Europa, spingendo la maggior parte degli Stati europei a aderire alla politica filorussa. Come convincerli? Con le armi e con la forza.
La prima vittima illustre della politica putiniana è stata la Cecenia. Una brutale guerra ha investito quello stato autonomo all’interno della Russia che, tra il 1999 e il 2009, portò allo smantellamento della politica filoccidentale e all’instaurazione di un governo fantoccio governato da Mosca.
Poi fu la volta della Georgia. Ex territorio dell’URSS, dopo un periodo di forte instabilità, il primo ministro Eduard Shevardnadze, ex primo ministro degli Esteri sovietico e uno dei più stretti collaboratori dell’ex Presidente russo Mikhail Gorbaciov, cercò di ristabilire l’ordine, fino a che scoppiò la guerra contro la Russia nel 2008.
La politica filooccidentale di Shevardnadze proprio non andava giù a Putin che decise di intervenire a gamba tesa nei conflitti che animavano le due regioni della Georgia, Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Sfruttando il fatto che erano a maggioranza russa, le riconobbe e di fatto passarono sotto il controllo di Mosca. Stessa cosa che ora Putin ha fatto per le due repubbliche del Donbass.
Perché Putin non ha finito il lavoro in Georgia? Perché, di base, non gli interessa invadere uno stato piccolo e nemmeno così strategico. Inoltre, la conformazione geografica della Georgia e l’impedimento delle alte cime del Caucaso renderebbero difficile le operazioni di assoggettamento.
Una cosa è certa: la lotta per la difesa dell’Ucraina è una lotta per la difesa della libertà e per la democrazia dell’Europa.
Se cade Kiev, tutta l’Unione europea ha fallito la sua missione, in primis la NATO.
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