Redazione - 3 luglio 2022
Forze di Polizia, attenzione al congedo straordinario: quando si rischia la cessazione dal servizio
Polizia di Stato, lo strumento del congedo straordinario va maneggiato con cura: si rischia la cessazione dal servizio.
Il congedo straordinario, della durata di 45 giorni, può essere un pericolo per gli appartenenti alle Forze di Polizia. Questo perché nei confronti di coloro che superano il limite del congedo straordinario e dell’aspettativa per infermità si applica la cessazione dal servizio.
In poche parole se, previo accertamento sanitario, l’impiegato non risulti idoneo a riprendere il servizio verrà dispensato dal servizio.
Si tratta dunque di uno strumento da maneggiare con prudenza: infatti, anche se al personale in divisa sono riconosciuti diversi permessi, dal congedo ordinario a quello straordinario fino all’aspettativa per infermità e gravi motivi, c’è un limite ben preciso da non superare, pena la cessazione dal servizio.
A tal proposito è importante sapere qual è il limite massimo del congedo straordinario e dell’aspettativa per infermità o gravi motivi così da gestire al meglio i permessi che si hanno a disposizione. Come ci è stato segnalato in questi giorni, infatti, ci sono alcuni impiegati che non essendo a conoscenza dei limiti previsti dall’ordinamento vigente approfittano del congedo straordinario rischiando poi di trovarsi in difficoltà nel caso in cui a causa dell’insorgere di una malattia che impedisce temporaneamente la regolare prestazione del servizio si sia costretti a restare fermi per più di 2 anni e mezzo.
Per evitare che ciò accada, quindi, abbiamo deciso di fare chiarezza su quanto stabilito dalla normativa vigente in merito a congedo straordinario per gravi motivi e per infermità.
Forze di Polizia: congedo ordinario e straordinario
Come noto il personale della Polizia di Stato ha diritto a 32 giorni di congedo ordinario ogni anno. Per chi ha più di 15 anni di servizio il monte permessi aumenta a 37 giorni lavorativi, mentre per chi ha 25 anni di servizio dipende dall’anno in cui questo “traguardo” è stato raggiunto:
- 25 anni di servizio maturato prima del 31 dicembre 1995: 47 giorni lavorativi di permesso;
- 25 anni di servizio maturato dopo il 31 dicembre 1996: 45 giorni lavorativi di permesso.
Al congedo ordinario se ne aggiunge uno straordinario per gravi motivi e infermità che non può eccedere i 45 giorni annui, riconosciuto dagli articoli 37 (D.P.R. 3/1957) e 60 (D.P.R. 782/1985).
I 45 giorni vengono retribuiti per intero. Questo congedo straordinario deve essere concesso dal responsabile dell’Ufficio dietro “motivata” e “documentata” richiesta dell’interessato. Oltre ai “gravi motivi e all’infermità,” ci sono altre motivazioni per le quali si può richiedere il congedo straordinario, riconosciute da differenti disposizioni rispetto a quelle suddette.
Ad esempio, il D.P.R. 782/1985 fa rientrare gli esami per il diritto allo studio nel regime di congedo straordinario, mentre il D.P.R. 395/1995 riconosce al personale determinati giorni di congedo straordinario in occasione del trasferimento per esigenze di trasloco e di riorganizzazione familiare.
Quando si superano i 45 giorni, quindi, non si possono richiedere altri congedi straordinari indipendentemente da quella che è la motivazione per cui vengono richiesti; l’unica eccezione è rappresentata dalla malattia del figlio di età non superiore ai 3 anni per la quale, qualora si sia fruito interamente dei 45 giorni a disposizione, si può disporre senza alcuna decurtazione del trattamento economico di altri 5 giorni di congedo.
Aspettativa per infermità
Oltre al congedo straordinario abbiamo poi l’aspettativa per infermità prevista dall’articolo 68 del D.P.R che può essere disposta, d’ufficio o a domanda, qualora un medico accerti l’insorgere di una malattia che impedisce, temporaneamente, la regolare prestazione del servizio.
Salvo indicazioni specifiche, all’inizio della malattia il dipendente viene inizialmente collocato in congedo straordinario per infermità (qualora abbia ancora dei giorni a disposizione) e sono una volta terminato il monte dei 45 giorni sarà collocato in aspettativa per infermità, ma solo per assenze continuative superiori ai 7 giorni.
Terminati i 45 giorni, quindi, il personale entra nell’aspettativa per infermità, per la quale percepisce lo stipendio intero per i primi 12 mesi di assenza, la metà per il periodo successivo.
Come anticipato, però, scaduti i 45 giorni del congedo straordinario e una volta entrati in aspettativa per infermità c’è un limite ben preciso da non superare, pena la cessazione in servizio; facciamo chiarezza.
Cessazione del servizio al termine dell’aspettativa per infermità
L’aspettativa per infermità termina una volta cessata la causa per la quale era stata disposta, ossia quando il personale è pronto per rientrare in servizio. Questa comunque non può protrarsi per oltre 18 mesi. Qualora tra il termine di un’aspettativa e l’inizio di un’altra non siano trascorsi più di 3 mesi questi due periodi si sommano tra di loro.
In ogni caso, e qui siamo arrivati al punto centrale della nostra guida, nell’arco di 5 anni non si possono superare più di 2 anni e 6 mesi di aspettativa per infermità, a meno che una volta scaduto questo termine il Consiglio di Amministrazione non rilevi che sussista una motivazione di particolare gravità tale da necessitare di altri 6 mesi di congedo straordinario (ma in tal caso non retribuiti).
Scaduti i 2 anni e mezzo, o anche i 6 mesi aggiuntivi, il personale viene sottoposto alla visita di accertamento per infermità: se questa certifica la permanenza dello stato di infermità l’impiegato verrà giudicato come non idoneo al servizio e di conseguenza verrà disposta la cessazione del servizio.
Ecco perché per avere più giorni a disposizione per guarire e per non rischiare di entrare nel regime dell’aspettativa per infermità nel quale ricordiamo non si possono eccedere i 2 anni e mezzo di assenza nell’arco di 5 anni, consigliamo di limitare ai casi di stretta necessità l’utilizzo del congedo straordinario, senza approfittarsi di questo diritto.
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