Paola Gentile - 24 febbraio 2022
Guerra in Ucraina: cosa rischia l’Italia?
Le ripercussioni di una guerra metterebbero in ginocchio l’economia italiana che basa il suo fatturato sull’export, con la Russia che è nostro partner economico privilegiato.
Gli attacchi russi all’Ucraina di questa mattina lasciano presagire che una guerra è vicina. E l’Italia si troverebbe, volente o nolente, trascinata nel mezzo.
La firma del Patto Atlantico la lega e vincola a scendere in campo in caso di minaccia alla salvaguardia della pace, ma la guerra non potrebbe essere la sola cosa a mettere in crisi la nostra vulnerabile economia.
L’Italia, come ha ribadito il premiere Mario Draghi, basa il suo PIL (Prodotto Interno Lordo) sull’esportazione e la Russia è uno dei partner di punta per il nostro Paese.
Settori che vanno dal cibo, alla moda, passando per tutte quelle aziende, circa 200, che fanno affari con il Paese governato da Vladimir Putin, vedrebbero crollare il proprio indotto.
Cosa rischia l’Italia
Il pacchetto di sanzioni contro la Russia, che dovrebbero scattate da parte dell’Unione europea proprio oggi, nuocerebbe Putin ma, allo stesso tempo, metterebbe in ginocchio anche la nostra economia.
Solo lo scorso anno l’indotto generato dall’export è stato pari a 7,6 miliardi di interscambio con la Russia, con un aumento dell’8,8% rispetto alle percentuali pre-Covid.
Draghi ha evidenziato anche la forte dipendenza che l’Italia ha nei confronti della Russia. Non abbiamo pozzi petroliferi sufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico della popolazione, tanto meno gas naturale che possa in qualche modo attutire l’impatto che avrebbe una guerra in Ucraina, con relativa chiusura dei gasdotti che transitano in quel territorio e che approvvigionano l’Europa, tra cui l’Italia.
E se il nord Europa può contare sul Nord Stream e avere un filo diretto per la fornitura, noi ci troviamo in una posizione davvero scomoda. Discorso a parte va fatto per il Nord Stream 2 che collega direttamente la Germania con la Russia e che, al momento, risulta chiuso.
L’Italia importa:
- Dalla Russia: il 12% del petrolio di cui necessita e il 43% di gas;
- Dall’Ucraina: 120 milioni di chili di grano;
ed essendo il nostro Paese il primo produttore al mondo di pasta, va da sé che i problemi derivanti dal crollo dell’indotto di quel settore sarebbero devastanti.
Secondo un’analisi dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale), l’Italia è il Paese maggiormente esposto alle turbolenze dei gas, insieme all’Austria.
Paradossalmente, il problema dell’approvvigionamento non si verificherebbe adesso, che ci troviamo nella coda dell’inverno, ma alla fine dell’estate quando occorre riempire gli stoccaggi e in genere lo si fa con il gas russo perché, come ha spiegato Simone Tagliapietra, senior fellow del think tank Bruegel, intervistato da Sky TG24 Business, arriva in abbondanza e costa meno.
La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha promesso che l’Unione troverà delle soluzioni alternative per sganciarsi dalla dipendenza con Mosca, ma i piani sulle politiche green non si attuano dall’oggi al domani.
Arturo Varvelli, direttore dell’ECFR (European Council on Foreign Relations), ha consigliato all’Italia di puntare sul gasdotto nel Mediterraneo per cercare di trovare un’alternativa dalla Russia.
Le conseguenze per il nostro Paese
Il peso delle conseguenze per l’Italia sarebbe davvero duro da sopportare. Il nostro Paese dovrebbe:
- Inviare le truppe italiane a sostegno della NATO;
e contestualmente fronteggiare una crisi economica dovuta a:
- Rincari di luce e gas;
- Tenuta dei bilanci delle imprese che commercializzano con la Russia;
- Conti pubblici in affanno;
- Aumenti del costo delle materie prime quali cereali - grano, mais e soia - ma anche degli oli da cucina;
- Crollo del settore turistico. Per la Pasqua ortodossa, di solito, sono previsti 175mila di turisti russi, con un fatturato di 20 milioni di euro;
- Crisi del settore del manifatturiero: moda, mobili, calzature, abbigliamento, con una stima in negativo di 400milioni di euro.
Nel 2020, il nostro Paese ha venduto prodotti e servizi a Mosca per 10 miliardi di dollari, secondo i dati di Trading Economics, con una prevalenza di macchinari industriali, apparecchi elettrici, moda e farmaci, e sono circa 200 le aziende italiane che hanno rapporti commerciali con la Russia.
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