Luca Restivo - 9 gennaio 2023
Esercito italiano in crisi? Quanto la fornitura di armi a Kiev sta indebolendo l’Italia
L’Italia continua a sostenere Kiev con l’invio di armi. Alla lunga potrebbe rappresentare un problema per il nostro Esercito?
Il sostegno dell’Italia all’Ucraina non è in discussione, eppure da un certo periodo serpeggiano delle perplessità: la fornitura di armi che l’Italia dà a Kiev, alla lunga, indebolisce il nostro Paese?
Insomma, il nostro Esercito potrebbe trovarsi in crisi tanto da avere difficoltà a difenderci?
A questi dubbi, peraltro legittimi, si unisce il pressing della Nato e degli Usa perché l’Italia invii all’Ucraina il sistema antimissile Samp-T, uno scudo missilistico di ultima generazione in grado di proteggere una città come Kiev.
Se il governo Draghi viaggiava a braccetto di Francia e Germania, detenendo un ruolo di primo piano anche dal punto di vista decisionale, il governo Meloni è ancora in una fase di discussione.
L’invio di armi all’Ucraina è indispensabile per sconfiggere l’esercito russo e tenere fede agli impegni presi in sede Nato; tuttavia, l’invio di strumenti hi-tech rischierebbe di lasciare l’Italia senza un’adeguata difesa, timori che condividiamo con altri Paesi dell’Alleanza Atlantica.
La fornitura di armi a Kiev indebolisce l’Italia?
Nei giorni scorsi il ministro della Difesa Guido Crosetto, sullo spedire nuove armi a Kiev, aveva ironizzato dicendo che i razzi non si trovano al supermercato come i barattoli di Nutella e che ci vorrebbero anni (non prima del 2030) e circa 800 milioni di euro per rimpiazzare una batteria Samp-T.
I timori che la fornitura di armi Kiev indebolisca l’Italia ci sono e viene da chiedersi se per il sostegno alla libertà (sacrosanta) dell’Ucraina valga la pena rimanere sguarniti dei propri sistemi di difesa. Considerazioni che, oltre all’Italia, stanno facendo anche Stati Uniti, Germania, Francia e Inghilterra.
Non è semplice destreggiarsi. In questa fase del conflitto, l’Ucraina ha bisogno di armi hi-tech, costosi e con tempi di realizzazione abbastanza lunghi; perciò, si ripiega sull’invio di armi ormai andate in pensione, anche di natura offensiva, con l’Italia che ha diminuito il numero di forniture, nonostante le decine di blindati Centauro nei magazzini, ma forse non adatti ad un conflitto che sta assumendo contorni diversi.
D’altro canto, inviare armi più sofisticate, come i carri armati di Stati Uniti, Germania e Francia, può essere percepiti da Mosca come una sfida. In questi casi basta un niente per scatenare un’escalation nel conflitto.
Malgrado ciò, la Nato ha inviato mezzi affinché l’Ucraina sferri l’attacco decisivo a Mosca, ma a quale prezzo? Sicuramente quello dell’indebolimento della difesa nazionale.
Esercito italiano in crisi?
Prima dell’approvazione del sesto pacchetto di Aiuti all’Ucraina da parte del governo italiano se ne dovrà discutere alle Camere e fare in punto della situazione. Sebbene il ministro degli Esteri Antonio Tajani abbia smentito al Corriere della Sera che gli Stati Uniti hanno richiesto il Samp-T, la cui intera cessione (ne abbiamo solo 6) significherebbe lasciare l’Italia senza un importante sistema di difesa.
La preoccupazione circa il rischio di indebolire la difesa nazionale non è solo limitato all’Italia. Gli Usa hanno fornito all’Ucraina circa 19,3 miliardi di dollari in aiuti militari:
- 104 milioni di munizioni leggere;
- 2.000 sistemi antiaerei;
- Numero segreto di munizioni per il lanciarazzi Himars e molto altro.
Sembra infatti che, senza aumentare il ritmo della produzione del sistema bellico, agli Stati Uniti serviranno cinque anni per ripristinare le scorte dei Javelin.
Il filo sottile su cui si muovono la difesa nazionale e l’invio di armi all’Ucraina è molto labile, l’alternativa a nuovi mezzi sarebbe inviare quelli datati, ma basteranno a vincere la guerra contro un nemico dotato di strumenti di ultima generazione?
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