Paola Gentile - 26 settembre 2022
Quanto costa all’Italia la guerra in Ucraina?
Con i prezzi alle stelle e la difficoltà a reperire materie prime, due milioni di aziende in Italia rischiano grosso.
La guerra in Ucraina pare essere ad una svolta, e non piacevole. Dopo l’annuncio di Putin sulla mobilitazione parziale, il referendum farsa nelle quattro province del Donbass per annetterle alla Russia e la replica di Joe Biden alla minaccia russa di attacco atomico verso chi invaderà i suoi confini (allargati), il clima di escalation militare si fa sempre più alto.
Le ripercussioni di un conflitto che dura ormai da sette mesi si stanno abbattendo, inevitabilmente, in tutti i Paesi europei. Il razionamento del gas, i rincari sulle bollette, l’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità, compresa un’inflazione galoppante, stanno mettendo in ginocchio l’economia italiana che già non se la passava granché bene.
A poco servono i bonus o la rivalutazione delle pensioni, il vero guaio è che se la guerra continuerà le cose si metteranno davvero male.
Secondo uno studio condotto dall’Istituto Demoskopica è emerso che la guerra in Ucraina sta generando nel nostro Paese una perdita di valore aggiunto pari a oltre 16 miliardi di euro, con 2,3 milioni di aziende colpite.
A risentire maggiormente della crisi sono i settori:
- Trasporti;
- Prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio;
- Chimico;
- Farmaceutico;
- Prodotti metallurgici;
- Costruzioni.
Quanto costa all’Italia la guerra in Ucraina?
Lo studio stima una perdita di valore aggiunto pari a 16,3 miliardi di euro nell’ipotesi di una riduzione del 20% delle importazioni dirette e indirette di input energetici. Ad essere più penalizzati, i settori cosiddetti energivori, maggiormente legati all’energia.
In particolare, il settore dei trasporti, con una mancata crescita del valore aggiunto pari a 7,8 miliardi e i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, i prodotti chimici e farmaceutici, pari a 3,6 miliardi, rappresenterebbe ben il 70 per cento della contrazione complessiva.
I sei settori la cui mancata produzione stimata supererebbe i 300 milioni di euro sono:
- Macchinari, apparecchiature elettriche e prodotti elettronica per 1.066 milioni di euro;
- Fornitura energia elettrica e gas per 911 milioni di euro;
- Costruzioni per 509 milioni di euro;
- Attività metallurgiche e prodotti in metallo per 471 milioni di euro;
- Agricoltura per 356 milioni di euro;
- Legno, carta e stampa per 317 milioni di euro e gomma e plastica per 315 milioni di euro.
Anche gli altri settori hanno perso molto:
- 282 milioni di euro settore prodotti alimentari, bevande e tabacco;
- 231 milioni di euro settore tessile;
- 220 milioni di euro settore fabbricazione di macchinari;
- 127 milioni di euro settore fornitura di acqua e gestione dei rifiuti;
- 91 milioni di euro settore attività estrattive, estrazione di risorse energetiche.
Le regioni italiane maggiormente colpite
Com’era prevedibile, sono i sistemi produttivi del Nord a soffrire maggiormente per l’ulteriore incremento dei prezzi energetici e per la difficoltà di reperimento delle materie prime, ma non solo.
L’analisi del valore assoluto della mancata produzione vede sei sistemi economici territoriali più colpiti:
- Lombardia (3.940 milioni di euro);
- Emilia-Romagna (1.744 milioni di euro);
- Lazio (1.704 milioni di euro);
- Veneto (1.496 milioni di euro);
- Piemonte (1.445 milioni di euro);
- Toscana (1.041 milioni di euro).
“La crescente difficoltà nel reperimento di materie prime, inoltre, sta fiaccando ulteriormente i margini operativi delle nostre imprese, che hanno una forte dipendenza commerciale ed energetica dal mercato russo, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro. È bene rimarcare, ai meno attenti, - precisa il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio - che il 56 per cento delle importazioni dell’Italia di gas naturale arriva dalla Russia così come il petrolio per il 10 per cento”.
I condizionamenti delle materie prime si ripercuotono a catena su tutti i settori dell’economia. La difficoltà nel reperire palladio, che importiamo da Russia e Ucraina per il 30%, mette in crisi la produzione italiana di prodotti odontoiatrici, marmitte catalitiche e componenti elettronici presenti in smartphone e televisori.
Le sfide che attengono il nuovo governo a guida Giorgia Meloni sono tante. Se la guerra non si arresta, rischiamo davvero grosso.