Aurora Marinaro - 30 ottobre 2024
Ricorso inammissibile, TAR Lazio condanna i Marescialli a pagare 3.500 euro
Il TAR Lazio respinge il ricorso dei Marescialli, condannati al pagamento di 3.500 euro.
Il ricorso alla giustizia non dovrebbe mai essere scoraggiato, perché si tratta del mezzo che per eccellenza consente ai cittadini di far valere i propri diritti e difendere i propri interessi, il principale mezzo di espressione del principio di legalità. Nonostante ciò, sarebbe opportuno valutare in modo scrupoloso le proprie azioni legali e agire senza eccessiva fretta. Intanto bisogna considerare l’enorme mole di lavoro dei tribunali, preferendo laddove possibile le procedure stragiudiziali, che offrono anche una riduzione significativa di tempi e costi.
Riguardo ai costi, poi, bisognerebbe valutare anche l’aspetto delle spese processuali prima di cimentarsi in un ricorso. Con la recente sentenza del Tar Lazio - n. 18155/2024 - alcuni Marescialli delle Forze Armate ne hanno avuto uno spiacevole promemoria, essendo stati condannati al pagamento per le spese legali per una somma di 3.500 euro. A questa spesa si aggiunge un rimborso del 15% per le spese generali, oltre eventuali accessori previsti dalla legge.
Certo, è un’eventualità di cui ogni ricorrente è messo a conoscenza prima di intraprendere un’azione legale, ma la totale infondatezza del ricorso - secondo la sentenza - desta qualche perplessità. In un clima di crescente sfiducia e insicurezza è comprensibile il desiderio di far valere le proprie posizioni e tutelare la carriera, ma quando non ci sono questioni di urgenza sarebbe preferibile discutere con i professionisti in maniera più misurata.
L’azione immediata in tribunale può sembrare una presa di posizione rassicurante, ma può rivelarsi controproducente. Prima di intraprendere un ricorso bisogna accertarsi che ve ne siano le basi e soprattutto che ci siano le modalità per far valere le proprie contestazioni. Ma vediamo cos’è accaduto.
Il Tar Lazio respinge il ricorso dei Marescialli e condanna al pagamento delle spese
Nel 2020 è stata avanzata un’istanza collettiva da alcuni Marescialli delle Forze Armate al ministero della Difesa in merito ai criteri di avanzamento della carriera, lamentando una penalizzazione. In particolare, i ricorrenti hanno contestato il D.lgs. n. 173/2019, che ha modificato il Codice dell’ordinamento militare riguardo al riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze Armate. Ritenendo la nuova normativa, per l’appunto entrata in vigore nel 2020, penalizzante i Marescialli hanno chiesto “l’applicazione dei criteri di avanzamento già previsti dalle normative previgenti in materia”.
La Direzione Generale per il Personale Militare ha negato la richiesta, rimandando la definizione di criteri, modalità e procedure di avanzamento al Codice dell’ordinamento militare. Ciò si evince dalla determina prot. M_D GMIL REG2020 0277626 del 14 luglio 2020, della quale è stato appunto chiesto l’annullamento con ricorso al TAR Lazio. I ricorrenti hanno contestualmente richiesto l’applicazione della normativa prima delle modifiche introdotte dal D.lgs. n. 173/2019, specificando peraltro che la contestazione non riguardava il Codice dell’ordinamento militare.
Il problema lamentato dai ricorrenti riguardava proprio la citata circolare, su cui il TAR non ha potuto muovere obiezioni, in quanto si limita a richiamare il Codice dell’ordinamento militare. Il Tribunale ha comunque ricordato che l’eventuale annullamento della circolare in questione, un atto amministrativo, non potrebbe comunque impedire l’applicazione del Codice dell’ordinamento militare (norma di rango legislativo).
L’Amministrazione non può essere chiamata a disattendere una norma, anche se ritenuta incostituzionale. Il giudizio sulla costituzionalità dovrebbe essere mosso sulla norma stessa, in questo caso il Codice dell’ordinamento militare.
Insomma, il ricorso è stato ritenuto inammissibile sotto tutti i punti di vista. Non è stato chiaro nella contestazione contro il ministero della Difesa, la cui circolare non ha nemmeno carattere provvedimentale poiché si limita a richiamare l’applicazione delle leggi vigenti. Non è possibile valutare un fine ulteriore, in quanto l’annullamento della stessa non potrebbe comunque impedire l’applicazione del Codice dell’ordinamento militare e non è questo il mezzo, scrive il TAR, per avanzare un giudizio di costituzionalità.
Probabilmente era proprio questo il fine ultimo dell’azione, che altrimenti appare quanto meno insolita, non indicando nemmeno “posizioni, sedi e Forza di appartenenza dei vari ricorrenti”. Il problema è che ne fanno le spese proprio i militari ricorrenti, senza vedere almeno per il momento delle risoluzioni concrete.
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