Luca Restivo - 10 giugno 2022
Sicurezza del Mediterraneo: in cosa consiste e quali le linee guida della Difesa
Il documento varato dalla nostra Difesa stabilisce quanto siano vitali azioni di cooperazione, deterrenza e intelligence per salvaguardare la stabilità del Mediterraneo.
La guerra in Ucraina sta dimostrando, qualora ce ne fosse bisogno, il ruolo strategico e fondamentale che ha sempre rivestito il Mediterraneo, che ora diventa sempre più cruciale in un conflitto che potrebbe assumere dei contorni globali.
Difendere quelle acque dal predominio russo e dalle ingerenze dei Paesi che devono a stretto confine tra il sistema democratico e non democratico è essenziale per garantire e mantenere stabilità ed equilibrio. E in questo, complice anche la sua posizione geografica, l’Italia gioca ora, così come in passato, un ruolo di primo piano in uno scenario che è decisamente al limite.
Laflotta russa è di stanza nel Mediterraneo, a poche centinaia di miglia dalla Sicilia e mai come in questo momento quelle acque sono “affollate” anche dalle imbarcazioni della Nato: una coabitazione, così come sta avvenendo nel mar Baltico, che potrebbe diventare potenzialmente pericolosa.
Per questo e per mille altri motivi storici e geopolitici, il Mare Nostrum è una polveriera, pronta a dare fuoco al primo cenno.
L’Italia sta mettendo in cambio azioni di difesa e deterrenza come mai prima d’ora. Lo ha spiegato il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Il documento, varato il 12 maggio scorso sulla “Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo”, punta a diventare il testo di riferimento sugli orientamenti politici e militari del governo Draghi.
In molti hanno visto in questo documento una linea di continuità con il “Libro bianco” voluto dall’allora ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ma nel nuovo testo c’è molto altro, in primo luogo la consapevolezza che il nostro Paese possa prendere in mano la leadership della situazione.
Ma vediamo più da vicino chi minaccia la stabilità del Mediterraneo e quali sono le linee guida stabilite nel documento.
Mediterraneo: chi minaccia la sua stabilità
Negli ultimi anni il concetto di Mediterraneo così come lo abbiamo inteso è stato sensibilmente rivisto. Innanzitutto, ora parliamo di Mediterraneo allargato, includendo al suo interno i Balcani e il mar Nero (a est), il Medio Oriente e la Penisola arabica (a sud-est), l’intero Sahel (a sud) e i territori fino al Golfo di Guinea (a ovest).
Collegamenti commerciali, tensioni politiche e religiose, dittature, focolai di terrorismo, istituzioni fragili e facilmente manipolabili: tutto questo rende il Mediterraneo debole e ne fa di esso una facile preda, per ribaltarne il precario equilibrio ed imporre nuove alleanze.
A minacciare il Mediterraneo, è in primis la Russia. La Federazione Russa ha riavviato una significativa azione di influenza nel Mediterraneo, su cui ha guadagnato - specialmente attraverso il legame con il regime di Damasco - un agevole accesso; “con una robusta presenza militare in avamposti di alta valenza strategica - una base navale e una base aerea - le forze russe esercitano una presenza significativa e persistente al Fianco Sud della Nato” si legge nel documento, riportato da Repubblica.
La seconda potenza da tenere d’occhio è la Cina, che si incunea nel Mediterraneo falcando leva su rapporti commerciali, per poi trasformarli in alleanze militari.
Le linee guida della Difesa: cooperazione e operatività
Nel documento sulla “Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo” viene posto l’accento sulla dimensione cooperativa e operativa.
La dimensione cooperativa consiste nell’aiutare le nazioni di questo bacino a rafforzare istituzioni civili e militari attraverso programmi di collaborazione, all’interno del bacino di influenza Nato e Unione europea.
La dimensione operativa è la vera novità del documento, e per la prima volta viene espresso il concetto di deterrenza. Le nostre Forze armate devono essere in grado di reagire alle minacce, non solo in maniera teorica ma anche con capacità di pronto intervento.
Per questo motivo “permane rilevante la partecipazione alle operazioni Nato e Ue nel Mediterraneo Allargato”, “assicurando presenza, sorveglianza, vigilanza, e quindi deterrenza, e contemporaneamente favorire lo sviluppo di capacità autonome da parte dei Paesi coi quali cooperiamo, in particolare nelle aree di più immediato interesse nazionale” viene ribadito nel documento.
Ruolo di prim’ordine è quello svolto dallo Stretto di Sicilia, choke point (collo di bottiglia) degli spostamenti marittimi, anche militari, tra le sponde est e ovest del Mediterraneo e cerniera di gran parte di traffici nord-sud, inclusi quelli illeciti.
Il testo, voluto dal ministro Guerini, sottolinea un altro aspetto spesso sottovalutato: “Analoga attenzione dovrà essere posta nel garantire il contributo della Difesa a tutela della ZEE nazionale”.
La Zona Economica Esclusiva è la parte di mare che un Paese rivendica come sua e che in base agli accordi non può estendersi oltre le 200 miglia.
Adesso bisogna affrontare una trafila di contenziosi per definire questi confini tracciati sulle acque: altre nazioni - come Algeria, Libia e Turchia - si sono allargati ben oltre le duecento miglia ritagliandosi spazi in maniera piuttosto arbitraria.
Linee guida Difesa: il lavoro dell’intelligence
Oltre alla cooperazione e all’operatività, il documento marca su un altro punto che diventa essenziale: il lavoro dell’intelligence.
Non solo quello dei nostri servizi segreti, ma anche:
- Rete di satelliti spia con visori ottici e sistemi radar;
- Arerei da ricognizione elettronica: ai due Gulfstream CAEW in servizio se ne aggiungeranno altri otto, con strumentazioni hi-tech per la sorveglianza radar e per intercettare ogni forma di comunicazione.
L’investimento in corso sfiora i cinque miliardi di euro. L’obiettivo è la superiorità informativa come prerequisito “per creare una vantaggio decisionale”.
Il Mediterraneo è un’area molto vasta e molto ricca, in particolar modo di giacimenti di gas sottomarini e nell’ambito di questa guerra che si sta giocando anche sulle risorse (vedi gas e grano), diventa indispensabile che certi giacimenti non “finiscano” nelle mani sbagliate.
A questo proposito, la sfida con la Turchia per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi a largo di Cipro è sempre aperta.
“La piena integrazione delle componenti e la capacità di proiettare lo strumento dove/quando necessario (capacità expeditionary)”.
Già, ma cosa significa "capacità expeditionary"? È la possibilità, ad esempio, di schierare la portaerei Cavour e presto la nave tuttoponte Trieste con i caccia F-35B della Marina e dell’Aeronautica: mezzi di cui nessun altro Paese dell’aerea dispone e che al momento non hanno rivali.
O anche l’utilizzo di un Piano di integrazione in un’unica task force da sbarco dei fanti di marina del San Marco e dei lagunari dell’Esercito.
L’obiettivo è essere pronti sotto ogni aspetto, coprendo settori che prima non c’erano e che ora sono diventati vitali per la guerra: settore cyber e spaziale, che va dalle vie di comunicazione all’importanza di evitare conflitti per il riconoscimento di ZEE.
Lo scopo del Piano
Il disegno presentato nel documento è focalizzato sul controllo del mare, attraverso il coinvolgimento di tutti i ministeri e gli enti:
“La Difesa dovrà farsi promotrice di un approccio di sistema che, nel rispetto delle reciproche competenze, consenta lo scambio informativo e l’assunzione di decisioni consapevoli che producano effetti concreti, da parte delle varie organizzazioni/istituzioni interessate, favorendo perciò una "Azione unitaria dello Stato sul Mare”.
È opportuno procedere al conseguimento della piena operatività del "Dispositivo Interministeriale Integrato di Sorveglianza Marittima" (DIISM), un progetto avviato nel 2007 a cura della Presidenza del Consiglio al fine di realizzare un’organizzazione integrata di sorveglianza marittima per la gestione di tutte le informazioni, raccolte sul mare dai vari dicasteri, e tramite un’unica centrale operativa - ubicata presso la Centrale Operativa Marina Militare (COMM).
“La nostra sicurezza è legata a doppio filo alla stabilità di questo mare e a quella delle aree limitrofe” - sintetizza il ministro Guerini nella lettera che accompagna il documento.
Il Mediterraneo è il punto di congiunzione di tre continenti nonché la rotta più rapida, sicura ed economica tra Indo-Pacifico e Atlantico: una via di transito che, da sola, ospita circa il 20% del traffico marittimo mondiale.
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