Forze dell’ordine, l’accusa di violenza sottratta ai Pm: la proposta della Lega

Forze dell'ordine, l'accusa di violenza sottratta ai Pm: la proposta della Lega

La proposta della Lega: le accuse di violenza delle forze dell’ordine non devono essere giudicate dai pubblici ministeri.

La Lega ha presentato una proposta che sottrarrebbe la competenza ai pubblici ministeri sull’accertamento di reato da parte delle forze dell’ordine. Si fa riferimento in modo specifico ai possibili abusi di potere, in particolari ai reati commessi con l’uso della forza o perfino delle armi. Relativamente a queste accuse, la maggior parte dei poteri verrebbe trasferita al procuratore generale e all’Avvocatura dello Stato, conflitto di interessi compreso.

L’intento di questa iniziativa, che porta la firma di Igor Iezzi e Laura Rovetto, è tanto evidente quanto legittimo: permettere a poliziotti e militari di esercitare le proprie funzioni senza paura di ripercussioni. È infatti vero che la moltitudine di accuse pretestuose di cui si sente tanto parlare rischia di frenare le forze dell’ordine nell’esercizio delle proprie funzioni, ma una proposta simile denota comunque lampanti problematiche.

Di fatto, il personale delle forze dell’ordine spesso lamenta il timore delle conseguenze che eventuali accuse avrebbero sulla professione e sulla reputazione, prima ancora che a livello legale. Nell’interesse della collettività, invece, dovrebbero essere in condizione di svolgere il proprio lavoro appieno. Questa, però, si pone difficilmente come una risoluzione.

Indagini sugli abusi delle forze dell’ordine tolte ai Pm, la proposta della Lega

La proposta della Lega prevede l’obbligo a carico del Pubblico ministero di informare tempestivamente il procuratore generale, una volta venuto a conoscenza di possibili reati commessi dal personale delle forze dell’ordine in servizio che contemplino l’uso di armi o della coercizione fisica. Il procuratore deve quindi informare il comando del corpo o il capo dell’ufficio, che ha a sua volta il dovere di mettere al corrente sia gli indagati che l’Avvocatura dello Stato.

Il pubblico ministero può esclusivamente procedere per gli accertamenti sulle prove di reato, ma soltanto quando indifferibili. È l’Avvocatura dello Stato a compiere l’accertamento e redigere un verbale da inoltrare al procuratore generale. Quest’ultimo, basandosi in via esclusiva sul rendiconto ricevuto, decide se rinviare gli indagati a giudizio oppure chiudere il procedimento definitivamente.

Questa è in estrema sintesi la proposta giunta, fra le altre, in Commissione giustizia.

Il sistema di giustizia italiano

A ben vedere, il primo problema della proposta appena enunciata è che denota una scarsa fiducia nel sistema di giustizia italiano. A quanto risulta non ci sono dati significativi che la giustifichino, facendo riferimento ovviamente ad accuse, indagini e processi che interessano poliziotti e militari.

Si può ben credere che le forze dell’ordine vengano accusate ingiustamente di abusi e anche comprendere che, forse più di altri cittadini, possono soffrire di queste insinuazioni. La colpevolezza viene però determinata soltanto con un equo processo, che peraltro ammette tre gradi di giudizio, a cui si dà il via soltanto in seguito alle indagini presiedute dal pubblico ministero, in qualità di magistrato imparziale.

Le accuse infondate non hanno conseguenze legali e, anche pensando ai possibili errori processuali, bisogna riconoscere un certo vantaggio, ovviamente motivato dalle esigenze della professione. Le forze dell’ordine, infatti, sono legittimate all’uso della coercizione fisica e delle armi a determinate condizioni e seguendo determinati protocolli. Provare di averli rispettati è di norma sufficiente, tanto più che le competenze professionali acquisite permettono anche di valutare da sé, entro certi margini, il pericolo.

Il comprensibile timore di avere ripercussioni sulla reputazione e sul lavoro dovrebbe invece essere affrontato diversamente, privilegiando la riservatezza effettiva di alcuni procedimenti e facendo informazione.

La legge è uguale per tutti

Il nostro ordinamento giuridico poggia sull’ideale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Così stabilisce la Costituzione italiana, che per attuare questa previsione impone una ripartizione di poteri ben precisa. Nell’eventualità che la proposta della Lega venisse accolta, si andrebbe contro al principio di ripartizione ma si sposterebbe anche in modo illegittimo il potere giudicante a organi ai quali non compete.

La Magistratura è terza e imparziale, mentre l’Avvocatura dello Stato è un organo della pubblica amministrazione che non ha i requisiti per sostituirsi alla prima. Indipendentemente dalle competenze e dalla professionalità dei suoi componenti deve comunque fare i conti con il conflitto di interessi e le relative difficoltà per entrambe le parti.

È anche comprensibile presumere che affronterebbe comunque questo compito in modo consono, ma viene meno quella garanzia posta dalla legge per evitare problemi di sorta. Oltretutto, sembra essere sottesa l’idea che sia piuttosto la Magistratura a non agire efficacemente al riguardo, quando invece è proprio l’organo indipendente individuato appositamente dalla Costituzione.

Questo cambiamento di competenze rischierebbe quindi anche di lasciare impuniti i reati, impedendo lo svolgimento delle indagini da parte del pubblico ministero e affidando la valutazione esclusiva al procuratore generale. In ultimo, ma non per importanza, le forze dell’ordine godrebbero così di un notevole beneficio rispetto agli altri cittadini che eccede dalla specificità e dalle esigenze professionali.

Le forze dell’ordine hanno già poteri più ampi rispetto ai cittadini comuni, come è doveroso che sia, perciò bisognerebbe piuttosto intervenire affinché i cittadini siano informati di queste modalità e soprattutto delle possibili conseguenze legali di un’accusa pretestuosa.

Davvero un beneficio per le Forze dell’Ordine?

Oltre a tutte le possibili considerazioni generali, c’è da dire che la proposta della Lega rischia di svantaggiare proprio coloro per i quali è pensata. Se si guarda alla reputazione, infatti, avrebbe comunque più senso essere giudicati dalla Magistratura, proprio come tutti gli altri, per cancellare ogni dubbio. Oltretutto, è di interesse del personale che anche quella piccola minoranza che abusa dei suoi poteri sia individuata e punita a norma di legge.

Sia per mantenere alta la rispettabilità delle forze dell’ordine, ma soprattutto per coerenza degli ideali che hanno mosso il sacrificio verso questa professione. È noto che di tutte le bellissima gesta compiute dal personale ogni giorno è più facile ricordare o sentire dalla cronaca delle azioni più brutte, seppur una netta minoranza.

Il problema però non sono le indagini in sé, anche perché ci si aspetta che le forze dell’ordine ne abbiano fiducia, quanto piuttosto l’importanza che viene data a livello sociale, mediatico e professionale alle accuse prima che siano accertate.