Aurora Marinaro - 6 settembre 2024
Indennità di trasferimento, cosa cambia con la sentenza del Tar Lazio
Storica sentenza del Tar Lazio per le Forze Armate: sì all’indennità di trasferimento se la sede non corrisponde a quella originaria.
Ancora una volta il Tar Lazio interviene sui trasferimenti del personale militare e in particolare sulla relativa indennità, con una decisione storica che potrebbe cambiare significativamente la tutela dei diritti del personale e dei loro familiari.
Nello specifico, ci si riferisce al personale delle Forze Armate, inclusa l’Arma dei Carabinieri, che torna in Italia dopo un impiego all’estero. I giudici hanno ammesso anche in questi casi il diritto all’indennità di trasferimento, ma a una condizione: la sede di servizio deve essere differente da quella originaria.
Indennità di trasferimento per le Forze Armate
Il personale delle Forze Armate è spesso soggetto a trasferimenti per le esigenze di servizio. Si tratta di un fastidio inevitabile per chi svolge questa professione, ma è opportuno che la legge limiti i disagi a quanto strettamente necessario, riconoscendo ai militari misure specifiche per tutelare il loro benessere psicofisico. La disciplina dei trasferimenti attuale potrebbe senza dubbio essere migliorata da questo punto di vista, come i sindacati militari hanno fatto notare in più occasioni.
Trovare un compromesso con le esigenze amministrative non è certo semplice, anche se ci sono aspetti su cui non è possibile transigere, cominciando dalle condizioni degli alloggi. Attualmente, il personale assegnato “a una nuova sede di servizio permanente” ha diritto alla cosiddetta indennità di trasferimento, composta da indennità e rimborsi per consentire al militare (e ai suoi familiari) di far fronte alla nuova sistemazione.
L’indennità di trasferimento, originariamente descritta dalla legge n. 100/1987 poi abrogata, è oggi regolamentata dalla legge n. 86/2001. Quest’ultima esclude la corresponsione dell’indennità per il personale trasferito a sedi di servizio limitrofe a causa della soppressione o della dislocazione di reparti o articolazioni della sede originaria. Per effetto della legge di Stabilità 2015, inoltre, l’indennità di trasferimento non spetta a chi rientra da un impiego all’estero.
Tar Lazio: sì all’indennità di trasferimento dopo le missioni all’estero
La scelta di escludere il diritto all’indennità di trasferimento per i militari rientrati da un impiego all’estero, per quanto opinabile, poggia su una ragione pratica e indiscutibile: il rientro in patria non costituisce un vero e proprio trasferimento, ma la conseguenza naturale del termine dell’impiego, per cui il personale torna nella propria nazione.
Il problema è che non necessariamente i militari tornati da missioni all’estero vengono assegnati alla stessa sede di servizio originaria, anzi, molto spesso è vero il contrario. Il personale ritornato in patria dopo le missioni estere, infatti, è spesso trasferito a sedi diverse. Questo ovviamente dipende dalle esigenze operative e logistiche dell’Amministrazione, pur non mancando qualche perplessità sulla gestione dei rientri e soprattutto sullo sfruttamento dell’esperienza acquisita dal personale.
In ogni caso, accade frequentemente che i militari tornati in Italia vengano assegnati a sedi di servizio differenti da quella che hanno lasciato per l’impiego estero. Per come la norma è stata finora interpretata, è stato escluso in questi casi il diritto all’indennità di trasferimento. Qualcosa è però destinato a cambiare, grazie alla recente sentenza del Tar Lazio.
Accogliendo il ricorso presentato da due militari dell’Arma dei Carabinieri ritornati dal servizio presso le rappresentanze diplomatiche e assegnati a sedi differenti da quella abituale, i giudici hanno chiarito che l’esclusione dell’indennità si applica soltanto quando le sedi corrispondono. In altre parole, ai militari rientrati in patria spetta l’indennità di trasferimento se assegnati a una sede diversa da quella abituale o comunque antecedente alla missione.
Non è certo la prima volta che il Tar Lazio interviene sulla materia dei trasferimenti, avendo in più occasioni proposto dei miglioramenti. Naturalmente, questa sentenza non implica in automatico l’erogazione dell’indennità, ma aprendo strada ai relativi ricorsi può significativamente promuovere un cambiamento nella gestione delle situazioni analoghe.
Auspicabilmente, sarà preferita l’assegnazione presso la sede originaria, accettando di corrispondere l’indennità in tutti gli altri casi, in maniera analoga a quanto è accaduto con altre decisioni sul tema.
Leggi anche: Al via al ricorso collettivo per il diritto alla piena indennità di disagiata sede. Ecco come partecipare
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