La Polizia italiana è razzista? Cosa succede (davvero)

La Polizia italiana è razzista? Cosa succede (davvero)

Il rapporto dell’Ecri accusa la Polizia di profilazione razziale e chiede allo Stato di contrastare il razzismo. Critiche inaccettabili per i sindacati, che difendono l’onore e la professionalità del personale.

L’Ecri, commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa, ha stilato un rapporto piuttosto duro nei confronti dell’Italia, che in sintesi viene accusata di razzismo. In realtà, il rapporto è molto più ampio e articolato, contenendo anche spunti interessanti su temi fondamentali come l’indipendenza della magistratura. Un passaggio, in particolare, ha fatto storcere il naso al governo italiano e - forse non per gli stessi motivi - a buona parte della cittadinanza.

Ci si riferisce ovviamente alla critica alla Polizia italiana, secondo l’Ecri potenzialmente discriminatoria e appunto razzista. Una conclusione che ha destato lo stupore del Presidente Mattarella, che ha ribadito la sua vicinanza al capo della Polizia, il prefetto Vittorio Pisani e lo sdegno del Presidente del Consiglio.

La Polizia italiana è razzista?

L’Ecri, organo del Consiglio d’Europa, accusa le forze di polizia italiane di razzismo? Le nostre Forze dell’Ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie.

Queste le parole condivise dal premier Giorgia Meloni contro il rapporto del Consiglio d’Europa, seguite anche dai commenti del ministro degli Affari esteri Antonio Tajani e dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Insomma, la politica si è rapidamente mobilitata per difendere l’immagine dei poliziotti italiani - molto apprezzati nel mondo ha ribadito Piantedosi - concentrando, presumibilmente in modo involontario, l’attenzione su questa parte del rapporto dell’Ecri.

Sull’argomento si sono espressi duramente anche i sindacati di categoria, comprensibilmente indignati per le conclusioni del rapporto, che rischia di minare pubblicamente l’immagine del personale di Polizia.

L’etica professionale e il sacrificio dei poliziotti, segue da sempre una filosofia professionale contraddistinta da solidarietà verso ogni essere umano in difficoltà, e sicurezza dei cittadini e del paese nel rispetto dell’ordinamento giuridico.

Scrive in una nota Giuseppe Tiani, Segretario generale del SIAP, manifestando il rammarico per il “pesante giudizio” espresso dal Consiglio d’Europa, sottolineando la professionalità dei poliziotti italiani. Posizione condivisa dal Segretario generale del SIULP, Felice Romano, che ha ricordato l’importanza del lavoro svolto dalla Polizia italiana per la sicurezza di chiunque si trovi sul nostro territorio, indipendentemente da provenienza etnica, cittadinanza o altri fattori potenzialmente discriminanti.

Insultare deliberatamente le donne e gli uomini che quotidianamente si impegnano per assicurare la sicurezza e la libertà dei cittadini e, soprattutto, dei milioni di stranieri che, proprio grazie a questa diuturna dedizione possono beneficiare dei diritti fondamentali assistiti dai presidi costituzionali, non può che essere stigmatizzato come un indegno tentativo di introdurre strumentali momenti di frizione nella dialettica domestica.

Ribadisce il SIUP, preoccupato per l’effetto sull’opinione pubblica e sottolineando l’urgenza di un intervento da parte del governo. A questo fine, il comunicato del sindacato ripercorre brevemente, ma in modo preciso, i fatti:

L’opinione pubblica scopre oggi dell’esistenza di un ente, il Consiglio d’Europa, che si produce in una spericolata acrobazia argomentativa che, partendo dalla preoccupazione per lo scadimento del linguaggio usato nel confronto politico interno, arriva, non si sa bene secondo quali percorsi deduttivi, a lanciare accuse di razzismo alle forze di polizia italiane. Una approssimazione ancora più grave perché nemmeno si è avvertito il dovere di chiarire quali siano le fonti alle quali i latori di tali farneticanti conclusioni abbiano attinto per approdare a simili valutazioni.

Bisogna infatti sottolineare che il rapporto dell’Ecri parte proprio dalla politica italiana, peraltro accusando le autorità di sottovalutare la portata del problema legato alla discriminazione razziale, affrontando in modo scrupoloso il tema della comunicazione politica. Ed è proprio in questo senso che appare auspicabile un impegno del governo ancora più concreto per non alimentare lo stigma verso le Forze di Polizia, che per quanto paradossale è una criticità sempre maggiore.

È importante in tal proposito far notare che il rapporto del Consiglio d’Europa, per quanto concerne il personale della Polizia, segnala il compimento della “profilazione razziale” nel corso delle attività per il mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico. In altre parole, la provenienza etnica delle persone è considerata, tra i vari altri fattori, per le valutazioni rapide e immediate. Vengono in particolare citati controlli e fermi frequenti nei confronti di persone di origine rom e africana. Una tendenza - secondo quanto dedotto dall’Ecri attraverso le segnalazioni raccolte- che può comunque avere notevoli spiegazioni, molto differenti dal presunto odio razziale.

E infatti il rapporto non si scaglia contro le forze dell’ordine, quanto piuttosto con la politica italiana e contro le istituzioni, richiamate a promuovere l’integrazione e l’uguaglianza. Il problema principale in questi casi è proprio l’immagine pubblica, a causa della diffusione di alcuni stralci del rapporto e dalle parole spese dal governo, senza dubbio con le migliori intenzioni ma con un possibile effetto domino controproducente. E proprio riconoscendo il duro e difficile lavoro delle forze dell’ordine, l’ONU chiede allo Stato di essere più attento e vicino agli agenti, come si evince dalle dichiarazioni del Meccanismo indipendente internazionale delle Nazioni Unite per promuovere la giustizia razziale e l’uguaglianza nell’applicazione della legge.

Quest’ultimo ha svolto all’inizio del 2024 un’indagine approfondita per misurare la rilevanza dell’etnia nelle operazioni condotte dalle forze dell’ordine, basandosi anche sulle testimonianze del personale, rilevando sì una forma di possibile pregiudizio ma invitando le autorità a raccogliere dati più esaustivi sui fermi e i controlli, “uno studio completo e indipendente con l’obiettivo di individuare e affrontare qualsiasi pratica”.

E proprio in queste ore il Segretario esecutivo dell’Ecri, Johan Friestedt, ha dichiarato a La Repubblica:

Noi non abbiamo mai voluto mettere in discussione il lavoro della polizia italiana. Né accusarla di razzismo. C’è stata una strumentalizzazione del nostro lavoro.

In effetti, la denuncia dell’Ecri è diretta agli esponenti del governo che con il discorso pubblico possono influenzare notevolmente la cittadinanza e rischiano perfino di compromettere l’indipendenza della magistratura che si occupa di casi di immigrazione. Il Consiglio d’Europa non esime tuttavia dal sottolineare i progressi fatti dall’Italia in tema di inclusione, raccomandando di ottimizzare la sensibilizzazione, in un’ottica ben più generale di quanto si potrebbe pensare. Ancora, l’ente fa notare il prezioso lavoro delle forze dell’ordine nella protezione delle vittime di crimini d’odio.

Questo non significa che il rapporto dell’Ecri non muova delle critiche alla Polizia, ma i toni sono molto diversi da quanto prospettato. Principalmente, l’ente chiede di concentrarsi sulla formazione del personale per il riconoscimento di possibili pratiche legate alla profilazione razziale. Nessun attacco alle forze dell’ordine, come è giusto che sia. La tendenza alla profilazione razziale, se accertata, può essere corretta, ma resta necessario supportare maggiormente il personale.

Il report stesso invita a promuovere la fiducia dei cittadini nelle forze dell’ordine, attraverso garanzie di equità. La parte più dura è piuttosto quella relativa ad accuse di abusi e violenze con matrice discriminatoria, che porta l’Ecri perfino a chiedere “l’istituzione di un organismo indipendente di supervisione della Polizia”. Il tema è delicato, ma è fondamentale chiarire che i dati raccolti dall’Ecri in proposito vanno letti per quello che sono: specchio della percezione degli appartenenti a minoranze etniche e non solo.

Non si può dire che la Polizia è razzista, tanto meno che usa violenza per razzismo, non soltanto perché si tratterebbe di una generalizzazione ma anche (e soprattutto) perché non c’è alcun dato che mostri questa tendenza. Casi isolati, sì, proprio come ci sono casi - ben superiori numericamente - di grande esempio civico, morale e solidale. Per questa ragione l’invito a lavorare sulla sensibilizzazione e sul discorso pubblico, in particolare quello politico, appare come la soluzione più morigerata per affrontare la discriminazione a livello sociale.

Non accettiamo lezioni di morale da chi non conosce la realtà operativa e non ha alcuna competenza per giudicare il nostro lavoro. Le nostre attività di controllo e sorveglianza sono basate esclusivamente su criteri di legalità e necessità operativa, e sono dirette a contrastare mafie, criminalità organizzata e terrorismo.

Ha ricordato il Segretario generale del COISP, Domenico Pianese, comprensibilmente provato dalle accuse rivolte al personale.

Su temi come questo, sarebbe opportuno dosare maggiormente le parole e soprattutto non dare spazio a fraintendimenti. La tutela della rispettabilità e delle professionalità della Polizia è un compito condiviso, un onere che ricade sulla collettività, soprattutto sui veicoli di informazione pubblica. Risulta pertanto fondamentale evidenziare le parole dei sindacati, che in modo accorto hanno affrontato il problema difendendo la reputazione del personale, anche con toni forti, ma senza mai scadere in provocazioni dannose. Il perfetto esempio dei valori difesi.

Si citano in proposito anche le dichiarazioni di Valter Mazzetti, Segretario generale di FSP Polizia di Stato, che ricorda:

Gli operatori della sicurezza lavorano tanto, e non stanno certo a scegliere chi devono controllare. (...)I numeri non sono suscettibili di interpretazioni e sconfessano queste assurde dichiarazioni che offendono l’onore e la dignità di tutto il personale in divisa, fra i migliori del mondo – pur se fra i peggio trattati d’Europa - che non a caso può dare e dà lezioni in tal senso.

Le accuse vengono respinte anche dal Segretario generale di UIL Polizia, Vittorio Costantini, ribadendo:

La nostra Repubblica è fondata su principi di democrazia, solidarietà e uguaglianza, valori che nulla hanno a che vedere con le accuse mosse dall’ECRI.

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