Aurora Marinaro - 6 ottobre 2022
Limite pagamenti contanti 2022 e 2023: cosa cambia e quali rischi per chi non lo rispetta
Il limite ai pagamenti contanti per il 2022 e il 2023: vediamo qual è e a quali rischi va incontro chi non lo rispetta.
Le limitazioni poste ai pagamenti in contanti hanno continuato a variare, in particolar modo negli ultimi due anni. Qual è quindi l’attuale limite di contanti per il 2022? Per effetto del nuovo emendamento del decreto Milleproroghe la soglia massima, precedentemente scesa a 1.000 euro a gennaio 2022, è ritornata a 2.000 euro dal 1° marzo 2022 e dovrebbe restare tale fino al 1° gennaio 2023.
Il limite di 1.000 euro diventerà una misura definitiva solo da quel momento, per legge è come se non fosse esistito affatto. Questo perché la proroga ha effetto retroattivo: infatti, anche per il principio del favor rei (a favore dell’imputato) non sono punibili transazioni di denaro contante inferiori o pari a 1.999,99 euro effettuate nell’anno 2022, anche qualora il limite fosse più basso al momento reale del trasferimento.
Questo significa che per tutto il 2022, salvo nuove disposizioni, il limite massimo applicato ai contanti è di 2.000 euro e ciò riguarda anche le transazioni effettuate tra il mese di gennaio e quello di febbraio.
Il limite rappresenta la forma principale adottata dal governo per evitare l’evasione fiscale, incoraggiando l’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili come il bancomat.
Nuovo limite del contante: a quali trasferimenti si applica?
Il limite relativo all’utilizzo dei contanti per i trasferimenti si applica a qualsiasi tipo di transazione. Si va dai pagamenti contanti per l’acquisto di beni o servizi, ma anche alle donazioni.
I trasferimenti superiori a 2.000 euro potranno continuare a essere eseguiti sempre, a patto di poterne assicurare la tracciabilità attraverso un metodo di pagamento adeguato come il bonifico postale e bancario, l’assegno circolare e quello bancario.
A tal proposito è necessario sapere che non è possibile per legge aggirare queste disposizioni. Frazionare l’operazione in più volte per aggirare il limite previsto è espressamente vietato, infatti il limite si applica anche sul totale di più pagamenti frazionati in un periodo di 7 giorni, effettuati però per ragioni unitarie.
Ad esempio, è vietato effettuare un pagamento superiore ai 2000 euro allo stesso soggetto, anche se diviso in tranche differite. Allo stesso tempo, è tuttavia possibile effettuare pagamenti a soggetti differenti oppure allo stesso soggetto dopo una settimana.
Riguardo quest’ultimo punto, comunque, sarà necessario dimostrare che non si tratti di una prestazione unitaria, magari perché si usufruisce di un determinato servizio con cadenza periodica.
Quali sono i rischi per chi non rispetta il limite?
Per assicurare il rispetto del limite sui pagamenti in contanti è prevista un’apposita sanzione che, secondo il D.Lgs. 90/2017, prevede il pagamento di una cifra pari all’importo massimo del limite in vigore.
Così, per effetto della proroga, la sanzione è risalita da marzo a 2.000 euro, mentre si abbasserà nuovamente a 1.000 euro da gennaio 2023. Questo non vale per i professionisti, che devono segnalare ogni tipo di transazione all’Agenzia delle Entrate, pena sanzioni molto salate fino anche a 15.000 euro.
Pagamenti in contante limitati: la rateizzazione
Per quanto riguarda invece il pagamento rateizzato di una fattura le disposizioni non sono così complesse. Resta possibile il pagamento delle rate in contanti, a patto che i singoli importi siano sotto la soglia massima, per il momento di 2.000 euro.
L’importo totale delle rate pagate non è sottoposto al limite di legge, in quanto il pagamento dilazionato, anche a distanza di mesi, rientra nella prassi commerciale e non viene scelto appositamente con l’intento di eludere la legge.
Allo stesso modo non sono stati toccati i limiti per i versamenti e i prelievi da e verso i conti bancari o postali, in quanto il denaro utilizzato è già di proprietà del soggetto, che semplicemente sceglie dove detenerlo.
Nonostante questa eccezione, bisogna ricordare che un utilizzo eccessivo di prelievi o versamenti di contanti, anche se per il proprio conto personale, potrebbe insospettire l’istituto di credito, tenuto a individuare e segnalare il riciclaggio.
Rimane comunque sufficiente possedere tutta la documentazione relativa al denaro versato e prelevato, in modo da giustificarne la disponibilità oppure la necessità frequente in forma contante, soddisfacendo i requisiti posti dall’istituto di credito.
Argomenti correlati: Diritti dei consumatori