Aurora Marinaro - 5 marzo 2024
Multe Iptv, cosa rischia chi usa lo streaming illegale (conosciuto anche come pezzotto)
Ecco cosa rischia chi usa lo streaming illegale e l’Iptv secondo la legge anti-pezzotto e come riconoscere i contenuti da evitare.
Utilizzare l’Iptv per guardare i canali Tv sfruttando la connessione a internet è possibile e non necessariamente contrario alla legge, a meno che si utilizzi questa tecnologia per aggirare i costi delle pay tv e usufruire illegalmente dei servizi in streaming. Una condotta contraria alle norme sul diritto d’autore e sul copyright che continua a essere in crescita in Italia, tanto che nell’estate 2023 è entrata in vigore una legge ad hoc, detta anche Legge anti-pezzotto.
Il decoder illegale per fruire dei contenuti con un costo ridotto e rivolto a un soggetto diverso dal legittimo titolare dei diritti di sfruttamento economico dell’opera prende infatti il nome di pezzotto, con cui per estensione ormai ci si riferisce anche alle applicazioni web e per dispositivi mobili impiegate per il medesimo scopo. È stata così eliminata ogni possibile incertezza sull’applicazione delle norme contro la pirateria allo streaming, definendo con precisione le sanzioni (peraltro salate) a carico dei fornitori di contenuti illegali e anche degli utenti che ne fruiscono.
Vediamo quindi cosa rischia chi guarda lo streaming illegale.
Cosa rischia chi guarda lo streaming illegale
Come anticipato, c’è una legge recente e specifica a definire la punibilità della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore. In particolare, si tratta della legge n. 93/2023, conosciuta anche come “Legge anti-pezzotto”. Quest’ultima stabilisce una serie di misure volte al controllo preventivo e alla repressione delle violazioni, fornendo un maggiore potere all’Agcom e definendo con precisione l’intervento della magistratura per le ipotesi di reato.
Proprio questa ampia libertà concessa all’Agcom, in qualità di Autorità garante per le comunicazioni, interessa da vicino chi guarda lo streaming illegale, poiché la prima conseguenza è proprio il blocco tempestivo del sito web che diffonde i contenuti. In particolare, l’Agcom potrà effettuare il blocco entro 30 minuti dalla segnalazione delle vittime di pirateria e persino bloccare qualsiasi nome di dominio, sottodominio o indirizzo IP riconducibile alle medesime attività.
Oltre a ciò, l’utilizzo del pezzotto può costare sanzioni amministrative anche per chi si limita a guardare i contenuti. Nel dettaglio, chi guarda lo streaming illegale rischia:
- Multe da 150 euro fino a 1.032 euro per ogni contenuto visionato illegalmente;
- multe da 1.032 a 5.000 euro per ogni contenuto scaricato.
La sanzione più salata riguarda esclusivamente chi ha effettuato il download dei contenuti, in quanto può contribuire alla loro diffusione. Condividere film, serie tv, musica o riproduzioni di eventi sportivi senza averne licenza è infatti severamente vietato e ha un rischio molto più elevato di quello riservato ai soli utenti finali.
Cosa rischia chi condivide contenuti in streaming illegale
I titolari dei siti web che sfruttano l’Iptv per condividere senza licenza contenuti coperti da diritto d’autore sono sanzionati con una multa da 2.589,29 euro fino a 15.493,71 euro, ma non solo. L’abuso della tecnologia Iptv a fini di lucro rientra pienamente nel reato definito dall’articolo 171-ter del Codice penale a protezione del diritto d’autore, punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. La pena è però riducibile se il fatto è di “particolare tenuità”.
La possibile notizia di reato è comunicata direttamente dall’Agcom alla magistratura, con una conseguente riduzione delle tempistiche di accertamento. In caso di inottemperanza ai divieti dell’Agcom, quest’ultima può disporre anche una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro fino al 2% del fatturato nell’ultimo esercizio prima della contestazione e, in casi di particolare gravità, la sospensione dell’attività fino a 6 mesi o persino la revoca della stessa.
Multe Iptv, a cosa fare attenzione
Guardare canali televisivi tramite la connessione internet, usufruendo proprio dell’Iptv, non è sempre illegale. Per esempio, è possibile guardare i canali Rai e Mediaset senza alcun problema, dato che i contenuti sono liberamente accessibili e gratuiti. Non si può, invece, lucrare sulla loro riproduzione.
L’utilizzo dell’Iptv e in genere dello streaming diventa illegale quando si aggirano le norme sul diritto d’autore, diffondendo contenuti protetti da copyright senza averne licenza. Gli utenti finali, cioè coloro che utilizzano il pezzotto e i siti web pirata per risparmiare sui vari abbonamenti, non prendono direttamente parte a questo processo. L’utente si limita infatti a guardare il contenuto, anche in compagnia ma senza lucrarci (non si chiede certo agli amici di pagare un biglietto per guardare una partita o un film a casa propria).
Nonostante ciò, partecipano attivamente all’attività illegale fruendo dei contenuti e in qualche modo aumentando la popolarità di questi strumenti. I fornitori di contenuti accedono a contenuti protetti da diritto d’autore, diffondendoli senza averne la licenza per ottenere un ricavo economico. Quest’ultimo può essere rappresentato dal costo del pezzotto - inteso come decoder - e di un abbonamento oppure semplicemente dalla monetizzazione del sito web dedicato.
Il risultato è che gli spettatori riescono a vedere i contenuti (soprattutto partite di calcio e serie tv) a un prezzo molto ridotto o addirittura gratis, senza interfacciarsi con la piattaforma ufficiale che possiede le licenze di sfruttamento economico. È quindi assai inverosimile non accorgersi di star utilizzando lo streaming illegale, motivo per cui la legge ha ampliato le sanzioni anche per i consumatori.
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