TFS e TFR, pagamenti in ritardo fino a 7 anni, CGIL: "Un furto ai danni dei lavoratori"

TFS e TFR, pagamenti in ritardo fino a 7 anni, CGIL: "Un furto ai danni dei lavoratori"

I pagamenti del TFS e del TFR nei confronti dei dipendenti pubblici vanno a rilento, con ritardi che arrivano perfino a 7 anni. CGIL chiede un intervento immediato.

Per la liquidazione del TFS e del TFR i dipendenti pubblici devono aspettare anni, fino a 7 secondo i sindacati, che definiscono questo ritardo insostenibile “un furto ai danni dei lavoratori pubblici”. In particolare CGIL (con FP CGIL, FLC CGIL, CGIL SPI e SILP CGIL), che ha avviato anche una petizione per chiedere il pagamento e si dichiara pronta a proseguire la vertenza anche con un ricorso giudiziale.

Anche perché sull’argomento si è già espressa perfino la Corte Costituzionale, dichiarando illegittima questa eccessiva dilatazione dei tempi di pagamento. Un rallentamento che causa ingenti perdite economiche ai lavoratori, che nonostante ciò non hanno ricevuto alcuna risposta a ormai un anno dalla citata sentenza.

“Un furto ai danni dei lavoratori pubblici”

Riprendendo le parole delle Confederazioni sindacali, il ritardo nella liquidazione del TFR e del TFS appare come un furto, perché i lavoratori sono privati (per lunghe tempistiche peraltro) di una porzione della retribuzione, su cui non possono fare affidamento per le spese pianificate, dovendo anticipare denaro dalle proprie tasche senza sapere quando avverrà la restituzione.

Ovviamente il TFR e il TFS non sono uguali per tutti i lavoratori pubblici, dipendendo tra le altre cose dagli anni di servizio, ma proviamo a farci un’idea - assolutamente generica - del danno per il personale.

Riportiamo di seguito un esempio del danno economico subito dai lavoratori pubblici che sono ancora in attesa della liquidazione del Trattamento di fine servizio (TFS). In particolare, si tratta della tabella elaborata dall’ufficio politiche previdenziali di CGIL, prendendo in considerazione la data di cessazione nel 2022 e 43 anni di servizio.

RetribuzioneTFS nominaleTFS realePerdita nom/realeMancato rendimentoPerdita complessiva
30.000 86.000 73.340 12.660 5.298 17.958
40.000 114.667 97.252 17.415 7.895 25.310
60.000 172.000 144.559 27.441 13.849 41.290

Tutti i dati sono da intendersi in euro.

La sentenza della Corte Costituzionale

Come anticipato, sui ritardi di liquidazione del TFR e del TFS in favore dei dipendenti pubblici si è espressa un anno fa la Corte Costituzionale. Quest’ultima, con la sentenza n. 130/2023, ha dichiarato illegittimo il differimento della corresponsione dei Trattamenti di fine servizio o fine rapporto spettanti ai dipendenti pubblici. Come parti integranti della retribuzione, infatti, devono essere giusti non soltanto nell’ammontare, ma anche nelle tempistiche.

Il principio costituzionale della giusta retribuzione “si sostanzia non solamente nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione” scrivono i giudici, che invitano il legislatore a intervenire per trovare una soluzione consona rispetto alla programmazione economico-finanziaria dello Stato, ma ispirata ai principi di adeguatezza della retribuzione, ragionevolezza e proporzionalità.

La richiesta di pagamento immediato

La richiamata sentenza del 2023 non ha per il momento avuto alcun effetto tangibile sulla corresponsione del TFR e del TFS, come ricordato da CGIL “A più di un anno dalla sentenza, nessuna azione concreta”, accusando il governo di “fare cassa sulle spalle dei lavoratori pubblici”. Parole senza dubbio dure, presumibilmente dovute a un’insofferenza prolungata e intensificata dalla mancanza di risposte. Per i lavoratori pubblici questo è un problema più che urgente, motivo per cui CGIL chiede a grano voce il pagamento immediato dei trattamenti economici nei confronti degli aventi diritto.

Per sostenere la richiesta le Confederazioni sindacali hanno avviato una petizione, dichiarandosi pronte ad agire in giudizio in mancanza di risultati. I ritardi nel pagamento del TFS e del TFR, inoltre, si sommano a ulteriori difficoltà per i dipendenti pubblici che hanno finito di lavorare, tra cui i tagli alle pensioni.

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