Aurora Marinaro - 28 agosto 2024
Vittime del dovere, requisiti e riconoscimento
Vittime del dovere nelle Forze Armate e dell’ordine: chi ha diritto al riconoscimento e quali sono i requisiti per l’equiparazione.
La definizione di vittime del dovere riguarda esclusivamente i dipendenti delle Forze Armate (Esercito, Marina, Aeronautica) e del comparto Sicurezza (Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera, Polizia di Stato, locale e penitenziaria). Il riconoscimento di questo status è subordinato al decesso o a un’infermità grave, permanente e invalidante contratta durante il servizio o la missione a causa di servizio.
Affinché questi dipendenti possano essere riconosciuti come vittime del dovere dal ministero dell’Interno è richiesto che le lesioni causa dell’infermità o della morte siano pervenute in questi contesti:
- contrasto della criminalità;
- servizi di ordine pubblico;
- vigilanza di infrastrutture civili e militari;
- operazioni di soccorso;
- tutela dell’incolumità pubblica;
- prevenzione e repressione dei reati;
- impiego internazionale (non necessariamente ostile).
Il riconoscimento delle vittime del dovere è fondamentale per i lavoratori, che vengono inseriti nella graduatoria ministeriale per l’accesso ai sussidi economici per i loro familiari, cui provvede il dipartimento della Pubblica Sicurezza. Non solo, lo status di vittima del dovere riguarda ulteriori misure, tra cui il diritto a un risarcimento danni, all’assistenza medica e alla pensione privilegiata, senza contare l’importanza della definizione ai fini della sensibilizzazione pubblica.
Oltre ai casi citati, il personale ha diritto all’equiparazione alle vittime del dovere quando l’infermità o il decesso derivano da malattie o lesioni dovute a particolari condizioni operative e ambientali, che devono riguardare eventi fuori dall’ordinario e avere comunque un certo nesso causale, estendendo la tutela alle missioni "di qualunque natura".
Per la tutela delle vittime del dovere e dei loro familiari c’è ancora molto da fare, soprattutto rispetto alle differenze con le vittime del terrorismo e alla selezione dei lavoratori che accedono ai benefici, ma la giurisprudenza sta contribuendo negli anni a creare un quadro chiaro ed equo. Ecco alcune pronunce fondamentali.
Riconoscimento ed equiparazione delle vittime del dovere
Nell’equiparazione delle vittime del dovere, quindi in contesti di servizio che non rientrano nelle ipotesi tassative prevista dalle legge e sopracitate, è essenziale che le condizioni ambientali e operative abbiano elementi di straordinarietà e questi ultimi siano causa diretta del danno.
Lo ricorda la Cassazione con la sentenza n. 22778/2024, che ha negato l’equiparazione a un Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri rimasto ferito nel tentativo di sedare una rissa tra automobilisti, attività considerata ordinaria per una pattuglia dei Carabinieri in servizio.
La stessa Corte, con ordinanza n. 21969/2017, ha subordinato il riconoscimento dello status di vittime del dovere in equiparazione (quindi al di fuori delle missioni specifiche individuate dalla legge) a un “elemento che comporti l’esistenza o il sopravvenire del fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito”.
Come sancito pure dall’ordinanza n. 6497/2023 della sezione Lavoro della Corte di Cassazione, il rischio non deve essere generico (anche perché ci si riferisce a professioni che implicano un certo livello di pericolo), “bensì specifico, eccedente l’ordinarietà, ovvero ciò che si poteva imporre”.
Il rischio specifico e fuori dall’ordinario non è invece un requisito per il riconoscimento quando la lesione occorre in compiti d’istituto tra quelli previsti in modo specifico dalla legge, compreso il contrasto alla criminalità, come richiamato dalla sentenza n. 6496/2023 della Cassazione. Per esempio, il tribunale di Salerno (con sentenza n. 1459/2024) ha riconosciuto lo status di vittima del dovere a un carabiniere, caduto durante l’inseguimento di un malvivente occorso durante una perquisizione domiciliare per la ricerca di armi.
Come rischio specifico si hanno invece le malattie professionali causate dall’esposizione ad agenti patogeni o tossici, anche se in ambiente bellico. La giurisprudenza, infatti, ritiene che sia dovere dell’Amministrazione fornire un equipaggiamento adeguato per prevenire le contaminazioni, che nulla hanno a che fare con le altre forme di pericolo provenienti dal contesto.
Come richiamato dalla sentenza n. 80/2022 del Tar del Lazio, il diritto alla salute va privilegiato in ogni caso, anche quando il militare è esposto al rischio bellico. Orientamento confermato da un’ampia raccolta di sentenze per i militari danneggiati dall’esposizione a sostanze come l’amianto e l’uranio impoverito. In questi casi, è comunque fondamentale provare il nesso causale tra l’evento e l’incombenza della malattia (di solito oncologica) su cui (esclusivamente in materia previdenziale) la giurisprudenza ha invertito l’onere della prova.
In particolare, il Consiglio di Stato con sentenza n. 5816/2021 ha ribadito che l’eventuale incertezza scientifica non può pregiudicare l’equa tutela del lavoratore (in riferimento ad agenti cancerogeni su cui non c’è ancora una letteratura scientifica consolidata, per quanto determinante). La sezione Lavoro del tribunale di Palermo (con sentenza n. 1241/2023) ha inoltre ribadito l’obbligo del ministero della Salute di adottare tutte le precauzioni, anche a fronte di rischi solo potenziali.
Nel caso specifico dell’amianto, inoltre, il Consiglio di Stato ritiene sufficiente il riconoscimento della causa di servizio per la patologia correlata.
Leggi anche: Causa di servizio, cosa cambia per i militari esposti all’uranio impoverito
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