Luca Restivo - 22 marzo 2023
L’Esercito italiano è povero di uomini e mezzi?
La lista dei mezzi da sostituire è lunga. Il personale va svecchiato e la spesa per la Difesa deve essere portata al 2% del Pil.
L’Esercito italiano è povero di uomini e mezzi? Sicuramente le Forze armate italiane hanno bisogno di più risorse per fronteggiare il mutato scenario geopolitico e per essere competitive.
Il direttore della Rivista Italiana Difesa Piero Batacchi, come riporta il Quotidiano Nazionale, ha tracciato quali sono le emergenze che il nostro Esercito è chiamato a fronteggiare. Tra le più rilevanti figurano sicuramente:
- Addestramento al combattimento (nel 2020 solo il 20% dei 95mila soldati ha fatto addestramento bellico e un altro 20% ha partecipato a missioni all’estero e a Strade Sicure);
- Ringiovanire la classe dei sottufficiali;
- Spesa per l’esercizio destinata al mantenimento in efficienza di mezzi, scorte e addestramento.
“Le scorte di munizionamento, questione comune ad altri Paesi europei, sono oggi inadeguate. E poi c’è il tallone d’Achille delle forze corazzate, che sono meno di quelle che servirebbero” afferma Batacchi.
A questo si aggiunge anche la questione carri armati. L’Italia sta pensando di comprarli per colmarne l’assenza, ma potrebbe non bastare.
In più, l’indiscrezione lanciata dal Fatto Quotidiano vuole che 96 blindati datati siano stati inviati in Ucraina. I carri armati si trovano a Lenta, in Piemonte.
Gli scenari che potrebbero aprirsi in futuro sono imprevedibili, anche alla luce dei proiettili all’uranio che Londra vuole inviare a Kiev e che innescheranno una reazione da parte della Russia.
Esercito italiano: com’è la situazione mezzi terrestri
Il Quotidiano Nazionale prosegue nella sua disamina. Dei 200 carri armati pesanti Ariete, il nostro Paese ne sta riqualificando 125, ma quelli operativi sono meno di 50. Per il futuro servirebbero 125 Leopard 2 A7.
Non meno complessa è la questione legata ai Dardo, veicoli da combattimento fanteria pesante, ormai obsoleti. Ne sono rimasti 200, ma andrebbero rimpiazzati con 400 Linx tedeschi (il programma Aics parla di 679 unità) o con CV90 svedesi. Tuttavia, ancora non è stata sciolta la riserva.
I 150 Centauro 2 dovrebbero sostituire le blindo Centauro; e andrebbero acquistati anche moderni veicoli blindati anfibi.
Le armi individuali sono buone, servono però più obici e lanciarazzi multipli, droni suicidi (loitering munitions), droni d’attacco e da osservazione, più missili anticarro moderni come gli israeliani Spike di cui ne disponiamo solo di un centinaio.
Da cambiare anche le Lince con il modello Lince 2 in 1.600 esemplari. Da sostituire anche il satellite di comunicazioni Sicral 13 che quest’anno andrà a fine vita. Gli elicotteri d’attacco Mangusta verranno rimpiazzati con il programma AV249.
Quanti aerei mancano?
Ad oggi, come riporta QN, l’Aeronautica Militare dispone di 196 aerei da combattimento di cui:
- 96 Eurofighter Thyphoon;
- 58 Tornado;
- 24 Amx;
- 15 F35 (più altri 3 in dotazione alla Marina Militare).
Andrebbe ripristinato il numero degli F35 che il governo Monti portò da 131 a 90. Al momento la Difesa ha firmato un contratto per l’acquisizione di altri 18 F35. Servirebbero poi altri 8 Gulfstream da guerra elettronica (ne abbiamo 2) e per i Thyphoon l’Aeronautica vorrebbe i missili antinave Marte R.
A protezione delle basi aeree dovrebbero invece arrivare 5 sistemi missilistici Samp-T (l’Esercito ne ha altrettanti). Sullo sfondo c’è l’esoso programma Tempest per il caccia di sesta generazione.
Marina Militare: cosa manca
Nel 2024, la Marina Militare potrà contare sull’operatività della portaeromobili d’assalto anfibio Trieste, che andrà a sostituire la storica Garibaldi. A bordo, la nuova portaerei avrà:
- Fino a 30 F35B (15 dei quali dell’Aeronautica e 15 della Marina che ha chiesto di raddoppiarne la quota).
Sono partiti nuovi studi per la realizzazione di una classe di cacciatorpediniere che sostituirà i due classe Ammiragli e affiancherà i due Orizzonte. Ad esse si aggiungeranno:
- Due nuove fregate classe Bergamini (nel 2025);
- Lpd (entro il 2035) per la guerra anfibia che prenderanno il posto della classe San Giorgio;
- 5 pattugliatori d’altura della classe Thaon di Revel;
- Piano d’acquisto per 12 nuove unità contromisure mine per un valore totale di 2,8 miliardi di euro da completarsi entro il 2031.
Andrà potenziata anche la capacità aerea per la guerra sottomarina. Al momento i P-72A che hanno sostituito gli Atlantic dell’Aeronautica Militare sono disarmati. Servono o C27 antsom o P1 o P8 Poseidon.
A fronte di questa lunga lista, alla Difesa serviranno investimenti assai ingenti. L’innalzamento al 2% del Pil per le spese militari diventa necessario.
Quanto spende l’Italia per la Difesa
Il report della Nato ha indicato che l’Italia nel 2022 ha stanziato l’1,51% del proprio Prodotto Interno Lordo, vale a dire 28,75 miliardi. I dati, però, evidenziano anche un netto calo della spesa per il personale rispetto al totale del settore.
È comunque la maggiore voce di spesa, al 62% del totale: comprende gli stanziamenti per il personale sia civile che militare, pensioni comprese. Roma ha poi speso il 22,69% del budget in equipaggiamento, una percentuale in calo rispetto al 23,22% dell’anno precedente, e il 2,19% sulle infrastrutture.
Il restante 13,12% è invece messo sulle operazioni, sulla manutenzione e la ricerca e sviluppo.
Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è stato chiaro: “Non possiamo dare per scontata la nostra sicurezza. L’impegno del 2% deve essere considerato un minimo”.
In materia di stanziamenti per la Difesa, l’Italia si colloca poco al di sotto della percentuale di spesa media dei membri Nato, che è dell’1,65% del Pil. Gli Stati Uniti hanno raggiunto il 2,58% del loro Prodotto interno lordo.
L’anno scorso gli USA hanno coperto da soli il 70% di tutta la spesa militare dei membri Nato. Un numero che lascia a Europa e Canada il restante 30%. Sul totale, l’Italia copre appena il 3%.
In numeri assoluti i membri dell’Alleanza atlantica spendono congiuntamente oltre mille miliardi di dollari in Difesa, riporta Fanpage.it.
La premier Giorgia Meloni si è detto pronta ad impegnarsi per portare la spesa militare al 2% del Pil.
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