Luca Restivo - 28 aprile 2022
Pensioni militari: i fondi a disposizione basteranno?
Solo lo stanziamento economico potrà garantire la tenuta del sistema.
Il mondo pensionistico militare potrebbe implodere dopo il 2030 se non verranno attuate disposizioni tali a garantire il finanziamento del fondo perequativo. Di questo ne è sicuro Antonio Tarallo, delegato Co.Ce.R. e segretario generale dell’Unione Sindacale Italiana Carabinieri (USIC), sulle sue posizioni potete trovare l’approfondimento qui.
L’attuale sistema pensionistico dei militari e la capacità di soddisfare le richieste di quiescenza potrebbero far crollare il sistema.
Il vero problema ci sarà nel 2023, quando verrà messo mano alla riforma del sistema pensionistico delle Forze armate, il cui iter pensionistico è diverso rispetto a quello degli altri lavoratori proprio in virtù della loro specificità.
Pensioni militari: come stanno le cose e come potrebbero cambiare
I requisiti per accedere alla pensione ordinaria non variano fino al 2024. Il personale militare e appartenente alle Forze di Polizia, inclusi i Vigili del Fuoco, accede alla pensione al raggiungimento dell’età ordinamentale.
Questa è fissata per la generalità dei lavoratori a 60 anni, con almeno 20 anni di contributi. Il livello ordinamentale varia però al variare del grado ricoperto e può arrivare fino a 65 anni per i massimi livelli (Generali e Dirigenti di Polizia). Per tutti non è previsto l’adeguamento alla speranza di vita come per la generalità dei lavoratori, anche se il legislatore ha più volte tentato di metterci mano.
Il nodo si pone sulla pensione di anzianità anticipata che potrebbe subire il processo di revisione voluto dal governo.
Attualmente il personale delle Forze armate può andare in pensione anticipata a:
- 58 anni di età con 35 anni di contributi;
- 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, con una finestra mobile di 15 mesi;
- 54 anni di età se entro il 31 dicembre del 2011 è stata raggiunta la massima anzianità contributiva corrispondente all’aliquota dell’80%, con una finestra mobile di 12 mesi.
Nel 2012, come riporta Il Giornale, l’allora ministro del Lavoro, Elsa Fornero, aveva “salvato” queste tre opzioni pensionistiche. Dopo 10 anni, le cose potrebbero cambiare proprio in virtù della mancanza dei presupposti per mantenere in piedi questo sistema.
La riforma del sistema pensionistico militare potrebbe abolire la pensione di anzianità anticipata e lasciare in piedi solo quella di vecchiaia una volta raggiunta l’età pensionabile (qui).
Con la cancellazione dei requisiti per la pensione anticipata e restando solo quella di anzianità, la finestra mobile rimarrà dunque tra i 61 e i 66 anni di età sia per coloro che hanno 20 anni di contributi che per chi ne matura 35.
Pensioni militari: i fondi basteranno?
Voci vicine al governo, come evidenzia Il Giornale, sono certe che si voglia andare verso la completa abolizione del cosiddetto “privilegio” che riguarda le Forze armate, ovvero eliminare completamente i requisiti in vigore per il pensionamento anticipato, poiché considerato troppo dispendioso.
Su Investireoggi viene sottolineato che, nonostante la paventata abolizione del “privilegio”, per le pensioni dei militari rimarranno in vigore tutte le altre regole che prevedono che si possa andare in pensione una volta raggiunto il limite di età; pertanto, i criteri per il pensionamento del personale militare si dovranno adeguare a quelle che sono le speranze di vita.
Alla luce delle risoluzioni governative, il solo modo per mantenere in piedi il sistema pensionistico vigente è quello di continuare ad alimentare i fondi, se questi non verrà rimpinguato c’è ragione di pensare che i fondi non basteranno e probabilmente si dovrà optare per la riforma del sistema pensionistico.
Occorrerà vedere se il governo, complice i tagli e i risvolti che sta già producendo la guerra in Ucraina, vorrà continuare a mantenerlo o cambiare.
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