I militari e i poliziotti possono scioperare?

I militari e i poliziotti possono scioperare?

I militari e i poliziotti possono scioperare? Ecco cosa prevede la legge in proposito e perché.

Le Forze Armate e anche le Forze di Polizia sono sottoposte, per esigenze professionali, a limitazioni straordinarie che non trovano riscontro in nessun altro lavoro o contesto civico. Tra queste c’è senza dubbio la regolamentazione del diritto di sciopero, uno strumento essenziale per tutti i lavoratori, che nel tempo ha avuto una rilevanza non da poco nel miglioramento delle condizioni di lavoro.

Il diritto allo sciopero trova origine direttamente nella Costituzione e in particolare nell’articolo 40, il quale ne ammette l’esercizio entro quanto previsto dalla legge. Proprio per questo motivo il divieto di sciopero per le Forze Armate e di Polizia non è anticostituzionale, anche se resta fortemente limitante per i militari che tentano di far valere i propri diritti. Su questo punto, peraltro, non mancano interpretazioni differenti.

Al di là della sua legittimità, questo divieto è motivato da una serie di fattori non trascurabili, dall’essenzialità del servizio reso alla collettività e alla nazione, passando per i valori e gli ideali incarnati dalle divise e non del tutto compatibili con l’esercizio di un’azione di sciopero. Senza dubbio, comunque, le valide ragioni in merito non cancellano la compressione dei diritti e una minorata tutela dal punto di vista lavorativo, anche laddove perfettamente giustificate da priorità di servizio.

Niente sciopero per militari e poliziotti

La legge n. 382 del 1978, inglobata nel Codice dell’ordinamento militare, vieta al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia a ordinamento militare l’esercizio del diritto di sciopero. Fino all’entrata in vigore della legge n. 46/2022 la stessa fonte limitava fortemente anche la libertà sindacale di questi lavoratori, che oggi è meno compressa. In questo caso, allo stesso limite sono soggette anche le Forze di Polizia a ordinamento civile.

La legge n. 121/1981, infatti, vieta l’esercizio del diritto di sciopero agli appartenenti della Polizia di Stato. Insieme al generico divieto di sciopero, peraltro, al personale delle Forze Armate e di Polizia è chiesto in linea più generale di mantenere sempre l’ordine pubblico, il decoro e il rispetto delle istituzioni.

Ci si trova di fronte a una normativa decisamente sui generis, visto che in nessun’altra professione è previsto un divieto tanto perentorio. Il rimando costituzionale alle leggi di riferimento, difatti, è stato concepito più che altro per la regolamentazione delle modalità di sciopero. Nessun altro lavoratore è limitato in maniera tanto completa, nemmeno il personale di altri servizi essenziali.

Entro certi limiti anche i medici e gli infermieri possono scioperare, senza contare che non tutti gli appartenenti delle Forze Armate e di Polizia svolgono costantemente attività caratterizzate da urgenza e impellenza. Ci sono attività tecniche, burocratiche e amministrative che non risentirebbero eccessivamente di eventuali scioperi.

Resta comunque il fatto che l’esercizio del diritto di sciopero contrasta con quell’insieme di ideali e di valori che guidano il personale, come il rispetto delle istituzioni, l’obbedienza, il rigore e la disciplina richiesti da un contesto senza uguali. Per un militare o un poliziotto non rispettare un ordine ha tutt’altra valenza di quanta ne avrebbe per qualsiasi altro cittadino, senza contare che la dedizione alla causa impedisce molto spesso di pensare ad alternative.

Da questo punto di vista, ancora oggi, le limitazioni all’esercizio del diritto di sciopero appaiono quanto meno comprensibili, nonostante i risvolti negativi per i lavoratori. Soprattutto in fase di trattativa per il rinnovo di contratto del comparto Difesa e Sicurezza il diritto allo sciopero si sarebbe potuto rivelare determinante, come sottolineato dal professore Nicola De Marinis.

Non ci sono spiragli di cambiamento in questo senso, motivo per cui non è possibile far altro che prendere atto e riconoscere questa forte limitazione, intervenendo laddove possibile per equilibrare il piano dei diritti. Non a caso, la maggior parte delle Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari investono molto impegno nel riconoscimento della specificità.