Pensioni Forze Armate, cosa potrebbe cambiare con la Manovra 2025

Pensioni Forze Armate, cosa potrebbe cambiare con la Manovra 2025

La Manovra 2025 avrà probabilmente importanti novità sulle pensioni, soprattutto per alcune categorie di lavoratori. Ecco cosa potrebbe cambiare per le Forze Armate.

Si avvicina la data di presentazione del nuovo Piano strutturale di bilancio di medio termine, infatti entro il 20 settembre l’Italia dovrà comunicare a Bruxelles la strategia di riduzione del debito. Con lo sguardo alla legge di Bilancio 2025, il ministero dell’Economia sta valutando nuove misure e bonus, con particolare attenzione alla previdenza. Proprio sulle pensioni potrebbero esserci importanti novità per le Forze Armate, una delle categorie toccate dal piano per posticipare le uscite.

Non è certo un mistero che il rapporto tra pensionati e lavoratori italiani è decisamente sfavorevole, un dato destinato a peggiorare con gli anni e aumentare la pressione sull’Istituto nazionale della previdenza sociale. Continuando così, si arriverà a un punto in cui i contributi versati dai lavoratori non saranno più sufficienti a coprire le spese previdenziali, portando di fatto a un collasso.

Proprio in questi giorni il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ha sottolineato l’importanza di interventi sul sistema pensionistico, valorizzando anche l’economia della terza età, che sarà sempre più rilevante. I rinvii pensionistici sono uno strumento particolarmente efficace a questo scopo, ma per ragioni di spesa devono comunque essere limitati ad alcune categorie di lavoratori.

Più pensionati che lavoratori, i rischi per l’INPS

Le preoccupazioni per il futuro previdenziale dipendono, com’è noto, dal rapporto tra pensionati e lavoratori, con i primi che aumentano in maniera sproporzionata rispetto ai secondi. L’innalzamento dell’età media e il calo demografico non sono le uniche ragioni per cui la situazione è così delicata. Serve infatti considerare che la popolazione giovane, già in minoranza, ha bassi livelli di occupazione, redditi esigui e lavori precari e non potrà sostenere le elevate spese previdenziali.

Il basso tasso di natalità (1,2 figli per ogni donna) è l’elemento più preoccupante sul lungo termine secondo il Consiglio di indirizzo e di vigilanza (CIV) dell’Inps, con una natalità tanto bassa da non poter essere compensata in modo rilevante dai flussi migratori. Secondo le stime, già nel 2032 l’Inps potrebbe totalizzare una perdita da 20 miliardi di euro, anche se per il momento i conti sono ancora regolari.

Da qui l’urgenza di riformare il welfare, anche alla luce delle conseguenze dell’inflazione, e di ottimizzare le risorse a disposizione. Serve incentivare l’occupazione giovanile e supportare la cosiddetta silver economy per limitare i danni, anche se un innalzamento dell’età pensionistica graduale sembra ormai inevitabile.

Manovra 2025: novità per le pensioni delle Forze Armate

Come anticipato, alcune specifiche categorie di lavoratori dovrebbero essere interessate da nuovi bonus per i rinvii pensionistici, come quest’anno è stato deciso per i medici. Questi ultimi, infatti, possono ora scegliere di lavorare fino a 72 anni per ottenere una pensione più alta, grazie alla maggiorazione dei contributi versati dopo il compimento dei 68 anni.

Per la Manovra 2025, invece, pare che il ministero dell’Economia e delle Finanza voglia seguire le orme del bonus Maroni, ovviamente con alcune rivisitazione. La rinuncia alla pensione anticipata comporterebbe quindi un aumento dello stipendio per effetto della rinuncia (totale o parziale) del versamento dei contributi previdenziali alla cassa di appartenenza.

Le Forze Armate e anche le Forze dell’Ordine potrebbero così restare in servizio fino alla pensione di vecchiaia, incentivati da un incremento della retribuzione (ancora da definire), senza sensibili cambiamenti nel futuro trattamento pensionistico. Al contempo, ci sono diverse proposte che mirano alla destinazione di quote di Tfr ai fondi pensionistici che potrebbero aiutare soprattutto gli under35.

È assai probabile che venga rivisto anche il meccanismo di indicizzazione all’inflazione, per evitare un eccessivo esborso di risorse, tutelando comunque le pensioni più basse.

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