Soldati italiani in Libano, situazione di massima allerta

Soldati italiani in Libano, situazione di massima allerta

L’Unifil è in allerta, la situazione è sempre più tesa ma i soldati italiani restano in Libano. Ciò dovrebbe far riflettere.

In Libano la situazione è più critica che mai. Gli scontri a fuoco e i razzi tra Hezbollah e Israele vanno avanti da mesi, ma la tensione continua a crescere. L’attacco di Majdal Shams, in cui hanno perso la vita 12 bambini, e la rivalsa israeliana contro Fuad Shukr hanno aggravato ulteriormente la situazione, resa ancora più instabile dall’uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, in Iran.

Nonostante ciò, i soldati italiani restano in Libano. I militari della missione Unifil hanno recentemente effettuato in queste condizioni drastiche un cambio di guardia. Gli alpini della Taurinense hanno ceduto il posto al teatro operativo della Brigata Sassari venerdì 2 agosto. Il portavoce della missione di pace dell’Onu, Andrea Tenenti, ha ribadito ai media la necessità dell’operatività dei soldati italiani in Libano.

Senza dubbio, i nostri militari stanno svolgendo una funzione davvero fondamentale. Supportano le Forze Armate libanesi, assistono la popolazione civile, effettuano pattuglie quotidiane. Tutte operazioni che richiedono una dedizione estrema, soprattutto nelle condizioni difficili in cui si trovano i militari, ma che non rappresentano nemmeno il compito più significativo dell’Esercito Italiano in Libano.

Volendo trovare un’attività più impattante, anche se tutto fa parte della missione Unifil, si dovrebbe parlare del canale di comunicazione aperto con le parti del conflitto, fondamentale per abbassare le tensioni e favorire la pace e altrettanto rischioso. Questa importante componente della missione dell’Onu, preziosa nei momenti di stallo e rappresaglie, risulta quasi privata del suo valore quando si passa a combattimenti effettivi.

L’Unifil è in allerta per la situazione in Libano, riconosciamo l’impegno dei soldati italiani

Il confine tra Libano e Israele è un teatro operativo molto particolare, dove picchi di tensione estrema passano inaspettatamente a fasi di contenimento, che ben si prestano alle missioni di pace, con il perenne rischio di intensificazione del conflitto. Bombardamenti e caccia scuotono violentemente la terra, causando morti, feriti e un’incessante terrore.

Nulla che i soldati italiani non siano preparati o capaci ad affrontare, visto che per formazione e professionalità sono invidiati in tutto il mondo, ma questo non deve nemmeno far pensare che tutto questo impegno sia scontato o meriti meno riconoscimento. Sì, i soldati stanno facendo il loro lavoro, ma è un lavoro che porta una continua sfida tra la vita e la morte, non soltanto per l’incolumità dei militari stessi ma anche per i contesti e gli ambienti con cui devono fare i conti ogni giorno.

Una professione che, diversamente da ogni altra, presume una notevole compressione dei diritti spettanti a ogni cittadino, tutto nell’interesse della collettività. Per questo il commento che ci ha lasciato l’ASPMI parte innanzitutto dalla specificità che va riconosciuta ai professionisti dell’Esercito Italiano, senza tralasciare la gratitudine e l’ammirazione per il lavoro svolto. Un tema che andrebbe ricordato più spesso, per superare quella scontatezza.

Non tanto perché sia il personale stesso a chiedere riconoscimenti, anche potrebbero essere una gratificazione importante per il loro benessere, ma perché questo sentimento sta passando dalla cittadinanza (allontanando i giovani dalle Forze Armate) e, sembrerebbe a volte, anche alle istituzioni.

ASPMI non solo rappresenta i militari, ma è dalla loro parte. Ci teniamo a congratularci con i soldati per i risultati ottenuti e per il grande senso del dovere che, ancora una volta, hanno dato prestigio all’Esercito Italiano. Vogliamo però esprimere la nostra vicinanza anche alle loro famiglie, certo orgogliose ma cariche di preoccupazioni. La situazione che stanno vivendo i soldati in Libano è obiettivamente difficile e riteniamo doveroso esprimere tutta la nostra solidarietà. Queste situazioni fanno parte del nostro lavoro, sappiamo bene i rischi a cui andiamo incontro, ma ciò dovrebbe far capire meglio l’importanza del lavoro militare e della sua specificità. Serve mettere mano alla valorizzazione economica affinché tenga conto di questi fattori, alla luce anche dello sviluppo che sta assumendo la nostra condizione. Oltre a essere sempre più impiegati nelle missioni all’estero siamo operativi anche nella tutela della sicurezza del territorio. Siamo l’unica Forza Armata che fa questo ed è arrivato il momento di riconoscerlo. Allo stesso tempo, serve anche fare in modo che la tutela e la sicurezza di queste persone venga garantita anche nello svolgimento delle missioni di pace. Su questo noi monitoreremo la situazione, sempre al fianco del personale.

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