Difesa, per il riarmo non bastano i mezzi, serve partire dal personale

Difesa, per il riarmo non bastano i mezzi, serve partire dal personale

Il DPP dovrà presto essere presentato dal ministro Crosetto, senza dubbio con l’idea di un massiccio riarmo. Concentrarsi sui mezzi, però, non sarà sufficiente senza pensare al personale.

Fonte immagine: Giovanni su flickr.com

Si avvicina la presentazione del Documento programmatico pluriennale della Difesa, con cui il ministro Crosetto dovrà indicare le previsioni di spesa per l’anno in corso e per il biennio a venire e in generale i piani di sviluppo dello Strumento militare. Di norma, il DPP andrebbe presentato annualmente in primavera, ma nella pratica si è sempre assistito a notevli ritardi. Per esempio nel 2023, il primo documento a cura del ministro Crosetto è giunto alla pubblicazione soltanto a ottobre.

Ciò non toglie che quest’anno ci sia maggiore apprensione intorno al contenuto del DPP, visto il particolare panorama internazionale e l’esigenza di implementare la difesa italiana più volte enunciata dal ministro stesso. Ci si aspetta un notevole investimento per ottenere armamenti tecnologici, di cui il Paese ha disperato bisogno ma che potrebbe far fatica a permettersi. Rimane il rischio concreto che, come gli anni scorsi, gli ordini subiranno ritardi pericolosi a causa della scarsità dei fondi.

Riarmo dell’Italia, i mezzi non bastano: bisogna partire dal personale

Sembra di capire che il ministro Crosetto abbia piani ambiziosi, anche se al momento difficili da quantificare, e non potrebbe essere diversamente. Gli impegni assunti nei confronti della Nato ci chiedono più sforzi nella collaborazione europea. Per l’Italia è arrivato il momento di mettere in campo due brigate corazzate e un maggior numero di mezzi militari tra navi e aerei.

Ci si chiede però se questo sviluppo sia concretamente realizzabile senza partire dalle basi e in particolare dal personale che, come ci hanno più volte ricordato i sindacati militari, è lo strumento più importante della Difesa. Mancano i poligoni per le esercitazioni, ma prima di tutto c’è un’estrema carenza di organico.

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Il personale in servizio, dedito alla causa ma terribilmente demotivato dalle poche attenzioni ricevute, ha un’età media troppo alta per la professione. Come si può a queste condizioni invogliare i giovani a dedicare il loro impegno all’arruolamento nelle Forze Armate? Se già riuscire ad attrarre nuovo personale sembra un’impresa ardua, il peggio arriverebbe al momento di formare e addestrare le nuove leve, senza poligoni e strutture consone, senza che il personale più esperto abbia modo di trasmettere le proprie competenze.

Si rischia così di ritrovarsi nell’ennesima situazione paradossale, che mette in ombra la professionalità dei militari, quando arriveranno i mezzi corazzati e non ci saranno spazi per le esercitazioni. Spazi che dovranno necessariamente essere ricavati nel territorio nazionale per essere efficienti, per cui sarà necessario anche agire per tempo e trovare accordi soddisfacenti con gli enti territoriali.

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Basti pensare che la Marina Militare ha chiesto almeno 5.000 arruolamenti per far fronte alle sempre più numerose (e impegnative) missioni internazionali. Gli equipaggi devono altrimenti prolungare allo sfinimento la permanenza sulle navi, a dispetto di qualsivoglia tutela del benessere psicofisico dei lavoratori.

L’Esercito non versa certo in condizioni migliori, visto che la Forza Armata avrebbe bisogno almeno di 10.000 militari e soltanto per quanto concerne la formazione dei reparti pesanti. Come ci è stato fatto notare dall’Associazione sindacale professionisti militari, tuttavia, agire per difendere il benessere e i diritti del personale militare non è soltanto la giusta priorità da porre per le loro esigenze e la funzionalità della Difesa, ma aiuterebbe anche a limitare parte dei problemi correlati al massiccio riarmo in programma.

ASPMI:

Concordiamo sulla necessità di ulteriori 10.000 arruolamenti ma bisogna
intervenire con la massima urgenza. L’aumento del personale non basta, tuttavia, se non si interviene immediatamente al fine di abbassare l’età media del personale. In questo proposito, sarebbe sufficiente affidarsi agli istituti già previsti e agli sbocchi presso altre Pubbliche amministrazioni, che oltre ad abbassare l’età media consentirebbe di avvicinare il personale alle proprie abitazioni.

Al contempo, i militari, mantenendo la specificità soprattutto per quanto riguarda il trattamento economico e pensionistico, avrebbero la possibilità di fornire un ulteriore beneficio alla collettività, mettendo al servizio del pubblico le competenze e le esperienze maturate. Soltanto il finanziamento degli istituti separa dalla loro attuazione e ci auspichiamo che avvenga, per quanto possibile, rapidamente nell’interesse della Difesa.

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