Esercito, serve abbassare l’età media dei militari. Se lo dice anche Crosetto...

Esercito, serve abbassare l'età media dei militari. Se lo dice anche Crosetto...

Serve abbassare l’età media dei soldati italiani intervenendo su vari fronti. Lo ricorda il ministro Crosetto, con cui concorda l’Associazione sindacale professionisti militari.

Fonte immagine: Jose Antonio (commons.wikimedia.org)

Bisogna rinnovare le Forze Armate per adeguarle alle nuove sfide internazionali, come ricordato dal ministro Crosetto, nonché dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito in occasione del 163° anniversario di costituzione dell’Esercito. È proprio l’Esercito Italiano, infatti, a necessitare il più ampio intervento in merito di incremento del personale e ammodernamento dei mezzi, non senza cominciare ad abbassare l’età media dei militari.

Il ringiovanimento dell’Esercito è una delle battaglie portate avanti dall’Associazione sindacale tra professionisti militari, perfettamente allineata con le posizioni del ministro della Difesa che in occasione delle celebrazioni della ricorrenza ha ribadito: “Dovrà cambiare la selezione, dovrà cambiare l’età media”.

La sfida è abbassare l’età media dell’Esercito

Il 65% del personale dell’Esercito Italiano ha un’età media compresa tra 30 e 50 anni, ma non è nemmeno questo il dato più preoccupante che si legge nel “Rapporto Esercito 2023”. Si evince infatti che i militari graduati, che rappresentano anche la parte più consistente della Forza, hanno un’età media di 40 anni. Si scontrano così due problemi interconnessi: l’elevata età media e la carenza di personale.

Il ministro Guido Crosetto segnala inoltre l’età media dei sottufficiali, che si aggira tra i 47 e i 49 anni, un livello che il nuovo servizio “non potrà più permettersi”. Come anticipato, questa criticità è stata più volte portata all’attenzione dall’Aspmi, che chiede di intervenire su due fronti: introdurre nuovo personale, anche attraverso i Volontari in Ferma Iniziale e Temporanea, e rivedere le mansioni per il personale più esperto, che possa così mettere al servizio della Forza le conoscenze e le competenze acquisite con l’esperienza senza venire eccessivamente provato dallo sforzo fisico.

Di fianco a nuovo modello reclutativo, che non può partire senza intervenire sul trattamento economico e sul welfare del personale, serve quindi la revisione dei programmi di fuoriuscita del personale in modo che il personale più anziano possa proseguire il servizio fino alla pensione in modo compatibile con l’età e l’esperienza, senza subire ripercussioni sul trattamento retributivo e previdenziale.

Il lavoro del soldato è diverso da tutti gli altri

Un altro elemento fondamentale, sottolineato nuovamente dal ministro Crosetto, è la specificità dei militari dell’Esercito Italiano. La selezione e il trattamento complessivo di questi lavoratori deve infatti iniziare a tenere conto dell’assoluta peculiarità delle mansioni svolte, differenti da qualsiasi altro tipo di impiego pubblico o anche privato.

Fare il soldato, ricorda il ministro della Difesa, è “chiedere a qualcuno di essere impegnato 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, di essere disposto ad andare da una parte all’altra del mondo, mettendo a rischio la propria vita”.

Nonostante sia importante un intervento tempestivo per la revisione dell’Esercito, che ad oggi conta principalmente sull’alta preparazione e la dedizione dei militari e poco altro, sarà difficile ottenere risultati immediati dal punto di vista del ringiovanimento. Crosetto ha infatti confermato il ruolo chiave svolto dal nuovo sistema di reclutamento dei Militari di Truppa e quindi lo sviluppo del nuovo iter formativo per i Volontari in Ferma Iniziale, che tuttavia potranno dare risultati apprezzabili soltanto nel lungo periodo, con la fuoriuscita naturale del personale anziano per il raggiungimento dell’età pensionabile.

Nel frattempo, l’abbassamento dell’età media è auspicabile intervenendo al contempo sulla mancanza di personale.

Aumentare il personale e i riservisti

Un problema condiviso da tutte le Forze Armate, come ribadito dall’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, Capo di Stato Maggiore della Difesa, in audizione presso le commissioni Difesa e Esteri delle Camere.

Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito sottolinea invece la necessità di reintrodurre i riservisti, da attivare esclusivamente in caso di grave necessità, ma su cui poter contare in caso di bisogno. L’importanza della riserva militare è infatti stata riscoperta alla luce dello scenario internazionale e sarebbe utile anche a bilanciare la Difesa nazionale con le missioni internazionali, soprattutto se si pensa all’idea di formare una difesa comune europea.

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